Bruxelles – Aiutare i migranti a tornare nel loro Paese di origine, non dall’Europa ma direttamente dalla Libia, bloccandoli prima che intraprendano quel viaggio della speranza che per molti si rivela mortale. L’Unione europea vuole iniziare ad agire anche su questo fronte per tentare di ridurre i flussi lungo la cosiddetta rotta del Mediterraneo centrale che porta verso l’Italia, quella che, dopo l’entrata in vigore dell’accordo con la Turchia, è diventata la via principale di ingresso irregolare in Europa. “Devono essere prese iniziative per offrire un ritorno volontario assistito ai migranti bloccati in Libia e limitare i viaggi pericolosi”, recita la bozza di conclusioni del Consiglio europeo che domani dovrebbe essere approvata dai capi di Stato e di governo.
Secondo quanto riportato dalle Nazioni Unite, le condizioni dei migranti bloccati in Libia sono sempre più critiche: nel caos politico, gruppi armati hanno preso il controllo effettivo dei centri ufficiali di detenzione per migranti e ne hanno aperti altri illegali. Risultato: i migranti subiscono abusi, stupri e torture, vengono arbitrariamente detenuti, obbligati a lavori forzati prima di prendere il mare. “Lanceremo delle iniziative per incoraggiare i ritorni dei migranti che sono in Libia e per cercare di impedirgli di intraprendere il viaggio”, spiegano fonti europee, ricordando che iniziative dell’International Organisation for Migration sono già in atto: “Vogliamo supportarle e aumentarne la portata”.
In tema di immigrazione, i leader torneranno anche sull’accordo con la Turchia per ribadire che questo funziona e che va mantenuto, nonostante la crescente preoccupazione per la deriva autoritaria nel Paese. Si parlerà anche del lavoro in corso sui migration compact, gli accordi che si sta tentando di stringere con i Paesi terzi e si parlerà di possibili “compact addizionali o altre forme di cooperazione” con altri Stati. Si tornerà poi anche sul tasto dolente delle relocation che vanno a rilento, con la presidenza slovacca convinta di avere trovato convergenze sulla cosiddetta “solidarietà effettiva” ma “non tutte le delegazioni sono d’accordo”, Italia in primis, riportano fonti europee.