Bruxelles – Una sola giornata che rischia però di diventare un vero “campo minato”. Cosi fonti europee definiscono l’agenda del Consiglio europeo che domani (giovedì) riunirà a Bruxelles i capi di Stato e di governo per discutere di una serie di temi particolarmente insidiosi.
Si comincia con l’immigrazione, per ribadire che, nonostante i malumori, l’accordo con la Turchia funziona e dà i suoi frutti e deve essere necessariamente mantenuto in vita. A questo proposito si discuterà anche della possibilità di un vertice straordinario Ue-Turchia da tenersi in primavera. L’Alto rappresentante per gli Affari esteri Ue, Federica Mogherini, farà poi il punto sui progressi effettuati sui “migration compact” tanto voluti dall’Italia, cioè gli accordi con i Paesi africani per tentare di fermare i flussi sul nascere. Il bilancio qui è positivo, si tenterà quindi di capire in che misura e a chi è possibile estendere il meccanismo. La linea prevalente è quella di essere molto cauti a causa di risorse limitate e di approfondire piuttosto le relazioni che già si è iniziato a costruire. Alcuni Stati, come la Germania, vorrebbero studiare la possibilità di un accordo con l’Egitto ma ai più sembra un Paese troppo grande e complesso per essere oggetto di un compact. Per la prima volta i leader valuteranno anche progetti per rimpatriare i migranti direttamente dalla Libia, prima che prendano il mare per attraversare il Mediterraneo centrale.
Migranti – Fino a qui nulla di particolarmente divisivo. Più critica la discussione sulla gestione interna dell’immigrazione e cioè sulla “effettiva applicazione dei principi di responsabilità e solidarietà”. Un tema su cui, raccontano fonti diplomatiche, si è tenuto “un numero industriale di riunioni preparatorie, che hanno dimostrato che siamo ancora molto lontani dal trovare delle convergenze”. La presidenza slovacca ha tentato di sviluppare le aree di convergenza sul tema in un apposito documento di cinque pagine ma le divisioni rimangono nette. Per questo il linguaggio per cui si opta nelle conclusioni “è minimalistico e vago rispetto a quanto si era immaginato”. I motivi della discordia sono sempre gli stessi: da una parte stanno i Paesi di Visegrad (specialmente Ungheria e Polonia), che cercano di fare passare l’idea che i Paesi che non vogliono accogliere migranti possono limitarsi ad altre forme di collaborazione, e dall’altra stanno i Paesi di primo arrivo (Italia, Grecia e Malta soprattutto), che sono per meccanismi obbligatori e all’interno dei quali le relocation non si possano evitare. In mezzo ci sono Paesi come Germania e Francia, che vogliono tempi brevi sulla riforma di Dublino e spinge per un compromesso anche con i Visegrad.
Accordo Ue-Ucraina – Altra bella gatta da pelare sarà anche la discussione sull’accordo di associazione con l’Ucraina, che i Paesi Bassi continuano a non ratificare per effetto del referendum che lo ha bocciato. I Ventotto tenteranno di capire come consentire al governo olandese di presentare un progetti di legge e farlo ratificare dal Parlamento olandese, in modo da sbloccare un accordo già ratificato da 27 Paesi e dal Parlamento europeo. “Un dossier difficile, dove ci sono molte emozioni e tensioni”, ammette chi ci sta lavorando. La soluzione su cui si sta lavorando è un documento che possa mettere una serie di paletti in modo che il Parlamento olandese possa ottenere la ratifica. Si tratterebbe soprattutto di specificare che l’accordo non è una garanzia di futura membership e che l’Europa non prende impegni di nessun tipo sull’assistenza finanziaria al Paese.
Riunificazione Cipro – Sempre durante il pranzo tra i leader si parlerà anche della questione della riunificazione di Cipro, con il presidente Nikos Anastasiadis che farà il punto della situazione, anche in vista della conferenza che si terrà il prossimo 12 gennaio a Ginevra.
Sanzioni alla Russia – Altro tema potenzialmente sensibile è il rinnovo delle sanzioni alla Russia. A prendere in mano la situazione qui saranno Angela Merkel e il presidente francese, François Hollande, che chiederanno ai leader di prolungare le sanzioni di altri sei mesi perché i progressi sulla messa in atto dell’accordo di Minsk sono ancora troppo limitati. Anche l’Italia, questa volta, sembra non avere problemi. Non si arriva invece a minacciare sanzioni alla Russia in relazione alla Siria, perché l’idea continua a non piacere a diversi Stati membri.
Economia e Difesa – In agenda anche temi sociali ed economici, con la partecipazione anche del presidente della Bce, Mario Draghi e la Difesa, con l’inizio del percorso europeo verso la creazione di una difesa comune. Il messaggio chiave è che l’Europa è pronta ad assumersi maggiore responsabilità in questo campo. Si ribadiranno i tre pilastri di questa azione e cioè la Global Strategy di Federica Mogherini, il Fondo europeo per la Difesa messo a punto dalla Commissione europea per incentivare le spese comuni degli Stati nel settore della ricerca e dell’industria del settore e la coordinazione tra Nato e Unione europea. L’unico punto che preoccupa alcuni Paesi, i più piccoli che temono di essere lasciati indietro, è la Cooperazione strutturata permanente (Pesco) che consentirà ad alcuni Stati membri che lo vorranno di integrarsi maggiormente nel settore della difesa. Mogherini presenterà le prime proposte in questo senso già a gennaio e febbraio.
Cena a 27 sulla Brexit – Tutto questo dovrebbe essere prima di cena. Poi, dopo la partenza della premier britannica Theresa May, a tenere banco sarà la Brexit: su questo punto l’Ue sarebbe tecnicamente pronta a qualche passo avanti e ad entrare nel dettaglio delle discussioni dopo le consultazioni del negoziatore della Commissione, Michel Barnier, con gli Stati membri. Ma semplicemente non lo farà, per dimostrare ancora una volta che tocca al Regno Unito fare la prossima mossa e fino a che non arriverà la notifica dell’articolo 50, non si potrà affrontare nessuna discussione. I 27 si limiteranno a mostrarsi uniti e pronti. Intanto si è definito il percorso da qui ai primi mesi del prossimo anno e si è concordata la convocazione di un Consiglio europeo straordinario ad aprile, quando la procedura di uscita sarà attivata da Londra. Si è anche stabilito il bilanciamento, nel processo negoziale, tra le varie istituzioni, scegliendo come negoziatore principale la Commissione europea, cioè Michel Barnier, con Consiglio e presidenza di turno che saranno parte del processo, mentre il Parlamento sarà informato attraverso riunioni regolari. Decisione questa che ha mandato su tutte le furie il presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz che ha subito inviato una lettera a Tusk minacciando “conseguenze gravi” per questo “ruolo secondario” in cui è stato relegato il Parlamento. Schulz insiste perché le conclusioni vengano modificate rispetto alla bozza messa a punto e ricorda che il Parlamento europeo avrà alla fine dei negoziati la possibilità di promuovere o bocciare l’accordo. Se propenderà per quest’ultima opzione, ricorda, “questa sarebbe davvero la Brexit più dura con svantaggi per tutti”.