Bruxelles – Un artista è un imprenditore che produce beni da tutelare, i frutti della sua creatività. Ad affermarlo una risoluzione approvata dal Parlamento europeo sullo sviluppo dell’industria culturale in Europa, un settore che rappresenta il 13% dell’export europeo con un valore aggiunto per il Pil di circa 509 miliardi di euro.
Il testo, approvato con 540 voti a favore, 77 contrari e 85 astenuti, costituisce “a tutti gli effetti un programma di lavoro per il settore industriale che vuole essere strategico”, ha dichiarato l’eurodeputato dei Socialisti e Democratici (S&D) Luigi Morgano, relatore del testo insieme al collega popolare Christian Ehler (Epp). “Cultura, industria e creatività devono diventare i pilastri di una politica industriale a lungo termine”, ha detto Morgano a Eunews.
L’architettura, le biblioteche, l’artigianato artistico, gli audiovisivi, il design, la moda o l’editoria sono tutte “realtà che operano a livello locale e che favoriscono lo sviluppo di altri settori sul territorio come il turismo. Non possono essere delocalizzati, poiché sono collegati a specifiche competenze culturali e storiche”, ha spiegato il relatore.
Il testo ricorda che coloro che producono contenuti nell’era digitale devono essere tutelati con strumenti legali appropriati, incluso il copyright, e la Commissione deve “creare soluzioni legali che si adattano alle esigenze dell’era digitale”.
Con la risoluzione i parlamentari chiedono l’esclusione dei servizi culturali e audiovisivi, inclusi quelli online, dagli accordi tra l’Europa e i Paesi terzi, ricordando la necessità di mantenerli fuori dai negoziati per accordi di libero scambio.
L’industria culturale oggi conta tre milioni di imprese nell’Unione europea “con 12 milioni di dipendenti, ossia il 7,5 % della forza lavoro dell’Ue, 2,5 volte superiore rispetto a quella della produzione automobilistica e 5 volte superiore rispetto all’industria chimica”, si legge nel testo della risoluzione.
All’industria culturale non servono solo regole più certe, ma anche risorse e in particolare meccanismi più snelli per l’accesso al credito. Uno dei punti deboli dell’industria creativa è che “il 95% delle industrie del settore hanno meno di 10 dipendenti, sono micro imprese”, ha ricordato Morgano. Sono attori deboli sul mercato globale e con maggiori difficoltà per l’accesso al credito. Per questo l’eurodeputato Pd chiede di aiutarle “integrando il fondo Europa creativa, 121 milioni di euro fino al 2020, con il fondo europeo sugli investimenti strategici”. Anche “i fondi strutturali delle regioni potrebbero essere destinati a questo progetto”, ha aggiunto Morgano, che nel testo chiede alla Commissione anche la creazione di uno sportello unico, come un sito web, in cui le aziende possono trovare le diverse opportunità finanziarie per ogni singolo settore.
Se i fondi si trovano, resta sempre difficile per una piccola impresa creativa avere garanzie bancarie. La risoluzione introduce un nuovo strumento per le industrie culturali: “La bancabilità dei diritti di proprietà intellettuale, cioè possono essere utilizzati a garanzia dei prestiti bancari per gli investimenti”, ha spiegato Morgano.
L’europarlamentare dei Socialisti, dunque, crede che bisogna ripartire dall’industria culturale e a chi gli dice che con la cultura non si mangia, risponde: “Per cosa è conosciuta oggi l’Europa nel mondo? Per la cultura e il turismo. Nella risoluzione c’è una risposta che guarda al futuro”.