Bruxelles – Gianni Pittella si candida alla guida del Parlamento europeo nel segno della “polarizzazione”, perché serve “una svolta politica per una stagione più forte di cambiamento”. In questa intervista concessa a Eunews il presidente dei deputati Socialisti&Democratici spiega che “la coalizione con il Partito popolare non c’è più”, e che “non è possibile che tutte le presidenze delle istituzioni Ue vadano al Ppe”.
Eunews – Come nasce la sua candidatura a presidente del Parlamento europeo?
Gianni Pittella – La candidatura nasce da due ragioni. La prima è che occorre equilibrio tra le Presidenze delle istituzioni europee, e se non va un socialista alla presidenza del Parlamento, allora le tre presidenze di Parlamento, Consiglio e Commissione saranno tutte dei colori del PPE. Cosa inappropriata rispetto alle forze reali in campo.
Serve una svolta politica, ci vuole il segno forte del desiderio dei socialisti di dar vita ad una stagione più forte del cambiamento che vogliamo vedere in atto.
Dopo la Brexit e l’elezione di Donald Trump a Presidente degli Stati Uniti, serve chiarezza nelle posizioni e ci vuole maggiore polarizzazione.
E – Si è parlato della sua candidatura come di un evento che può aver causato una frattura nel panorama istituzionale europeo? Cosa è accaduto?
GP – La frattura sicuramente c’è ed è stata determinata dai popolari. Il Ppe ha optato per la non-rielezione di Martin Schulz e la mia candidatura è stata una reazione a catena, assolutamente non la causa della frattura. La coalizione non c’è più.
E il Pse ha il compito di acquisire consensi e sottrarli alle spinte anti-europeiste e populiste: solo le forze progressiste possono recuperare spazio tra chi si rivolge oggi a Le Pen, a Farage, pensando che siano loro le forze del cambiamento nella società e che possano interpretare i bisogni dei cittadini.
E – Questa frattura, allora, come va interpretata? Potrebbe aprire un fronte di instabilità?
GP – Ci sono stati diversi momenti nel Parlamento in cui non c’è stata una coalizione di governo. Io sono al Parlamento europeo dal 1999 e ho visto tante fasi succedersi. La produzione legislativa va comunque avanti. Jucker va tenuto fuori dalla disputa, lo sosteniamo. Ma questo sostegno non è un assegno in bianco. Il presidente della Commissione, infatti, ha dato delle risposte, delle cose concrete che contano: parliamo della flessibilità, del piano di investimenti, del fiscal stance, della direttiva posting of workers.
Se Juncker si farà ancora carico delle istanze socialiste, non ci sarà bisogno di una coalizione di governo per sostenere la Commissione.
E – Nella crisi attuale che dilaga in Europa, parlavamo del Brexit e delle spinte populiste, il ruolo del Parlamento europeo come si rinnova? Quali sono gli strumenti per riavvicinarlo ai cittadini, che si sentono distanti dalla politica e dalle istituzioni? Le istanze della società civile come vengono prese in considerazione?
GP – Servono gruppi politici e eurodeputati che rafforzino le proprie scelte politiche.
Ci sono strumenti che vanno utilizzati come la Commissione Petizioni, la petizione popolare prevista dal Trattato di Lisbona. Se diventerò presidente del Parlamento Europeo, istituirò un programma per riavvicinarmi ai cittadini.
Ho già fatto delle dirette su Facebook e ne farò ancora, magari in modo più cadenzato e regolare, non so, ogni quindici giorni.
Vorrei andare in giro nelle scuole, nelle fabbriche, avere un rapporto diretto con i giovani. Vorrei una nuova generazione europeista che lanci e interpreti il disegno europeo, attraverso i giovani si deve ricostruire il sogno europeo.
E’ anche molto importante puntare sull’educazione civica nelle scuole, riscoprire il valore delle battaglie sui diritti.
Mi vedo come un Presidente meno di palazzo e più di popolo. La mia vita, del resto, è stata cosi’. Basta leggere il mio curriculum, per vedere cosa ho fatto e cosa rappresento.
E – Come vede lei la gestione delle forze a volte opposte, ovvero da una parte la volontà dei governi nazionali e dall’altra quella delle Istituzioni Europee quando si tratta di dar voce ai cittadini in ambiti di questioni complesse come ad esempio quella legata all’Ilva di Taranto? Se lei diventasse presidente del Parlamento europeo, come farebbe fronte alla questione?
GP – Lo farei dando ascolto ai cittadini. Non è possibile che non si riesca a produrre acciaio in maniera compatibile con ambiente e salute umana. Non è pensabile produrre in modo non compatibile.