Bruxelles – L’Italia deve smaltire le acque reflue in modo tale che non creino danni alla salute umana e all’ambiente. Nonostante il richiamo della Corte di giustizia del 2012, il nostro Paese non ha ancora fatto abbastanza per mettere i suoi depuratori a norma e così oggi da Bruxelles arriva un nuovo deferimento che rischia di costarci caro. La sentenza della Corte chiedeva di mettere a norma il raccoglimento e il trattamento delle acque reflue in 109 agglomerati urbani, ma a 4 anni di distanza solo in 29 casi si è risolto il problema che persiste in 80 zone in cui vivono oltre 6 milioni di abitanti. La regione con la situazione peggiore è la Sicilia, dove devono essere messi a norma ben 51 depuratori, ci sono poi Calabria (13), Campania (7), Liguria (3), Puglia (3), Friuli Venezia Giulia (2) e Abruzzo (1). Questa situazione, scrive la Commissione in una nota, “pone rischi significativi per la salute umana, le acque interne e l’ambiente marino”.
Bruxelles ha chiesto pertanto alla Corte di giustizia dell’Ue di comminare una sanzione forfettaria di oltre 62 milioni di euro a cui si dovrà aggiungere una sanzione giornaliera pari a 346.922 euro qualora la piena conformità non sia raggiunta entro la data in cui la Corte emetterà la sentenza.
Secondo quanto previsto dalla direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane gli Stati membri sono tenuti ad assicurarsi che gli agglomerati (città, centri urbani, insediamenti) raccolgano e trattino in modo adeguato le proprie acque reflue urbane. Le acque reflue non trattate possono essere contaminate da batteri e virus nocivi e rappresentano pertanto un rischio per la salute pubblica. Contengono, tra l’altro, nutrienti, come l’azoto e il fosforo, che possono danneggiare le acque dolci e l’ambiente marino favorendo la crescita eccessiva di alghe che soffocano le altre forme di vita, processo conosciuto come eutrofizzazione.