Bruxelles – Evitare ogni forma di violenza contro le donne, eliminare tutti i pregiudizi sull’inferiorità femminile. Possibile essere in disaccordo con questi obiettivi? Evidentemente sì, almeno in Polonia, dove il governo conservatore di Beata Szydlo è deciso a ritirare il Paese dalla convenzione di Istanbul del Consiglio d’Europa, lo strumento internazionale giuridicamente vincolante per proteggere le donne contro qualsiasi forma di violenza. Ad annunciarlo è stato lo stesso ministro (donna) delle Politiche sociali del Paese, Elżbieta Rafalska, in un’intervista al quotidiano Gazeta Wyborcza. “Sono favorevole a che la Polonia esca dalla convenzione”, ha dichiarato la ministra, confermando le voci non ufficiali che da qualche giorno circolavano nel Paese. “Fin dall’inizio siamo stati contrari” alla convenzione, ha sottolineato l’esponente del partito di governo Diritto e giustizia (Pis), secondo cui “una serie di opinioni e di soluzioni espresse” nel testo “vanno contro i nostri punti di vista”. In particolare quelle “sulle disposizioni legate alle visioni culturali di genere”, ha spiegato Rafalska, chiarendo: “Per me il genere è una categoria biologica e non culturale”. Il governo starebbe già discutendo di come tradurre in realtà i propositi per uscire dalla convenzione che il Paese ha firmato nel 2012 e ratificato nel 2015.
Si tratterebbe di un altro pesantissimo attacco ai diritti delle donne nel Paese, dopo il tentativo di pochi mesi fa per abolire completamente il diritto di aborto, anche in caso di stupro o incesto. Tentativo fallito grazie ad una massiccia protesta di piazza da parte delle donne polacche, oltre che alle critiche internazionali piovute da ogni parte sul Paese. Il governo di Varsavia non sembra comunque spaventato dalle critiche e dagli scontri diretti, come ha dimostrato nella disputa con l’Unione europea, che da mesi lo accusa di avere messo a rischio lo stato di diritto nel Paese con le leggi che hanno modificato il funzionamento della Corte costituzionale e ristretto la libertà di stampa. Provvedimenti che l’esecutivo polacco rifiuta di modificare nonostante il rischio di sanzioni da parte di Bruxelles.
Certamente, il nuovo tentativo di colpo alla tutela nei confronti delle donne non aiuterà a distendere i rapporti, come dimostrano le prime reazioni che già iniziano ad arrivare dal Parlamento europeo. La commissione dei diritti delle Donne sta già mettendo a punto una lettera da recapitare a Varsavia, mentre il gruppo dei Verdi vuole chiedere un dibattito in Plenaria sul tema. “Questa nuova manovra reazionaria del governo polacco è allarmante per le donne e la dice lunga sul processo di degradazione democratica attivamente orchestrato dai dirigenti conservatori del Paese”, avverte il deputato Green, Ernest Urtasun, coordinatore della commissione dei Diritti delle donne del Parlamento europeo.
“I diritti delle donne non si negoziano, l’Unione europea è fondata su valori comuni”, protesta anche la delegazione degli eurodeputati francesi del gruppo S&D, che invita la Commissione ad accentuare la pressione su Varsavia con la procedura sulla protezione dello stato di diritto, “utilizzando seriamente” anche la procedura prevista dall’articolo 7, che può portare a sanzioni tra cui la sospensione del diritto di voto del Paese in Consiglio. I socialisti chiedono anche che si acceleri sulla ratifica della Convenzione di Istanbul anche da parte dell’Unione europea, così che “tutti gli Stati membri ne siano considerati come membri a pieno titolo”. Proprio pochi giorni fa, il 25 novembre in occasione della giornata internazionale della lotta contro la violenza sulle donne, il Parlamento europeo ha sottolineato l’importanza della Convenzione di Istanbul e sostenuto a larga maggioranza la proposta della Commissione europea perché anche l’Ue la ratifichi.