Bruxelles – Che cos’è il negoziato sulla Brexit? Quali tappe formali prevede? Su quali materie si discuterà con Londra? Partiamo dall’Articolo 50 del Trattato di Lisbona, secondo cui “ogni Stato membro può decidere di recedere dall’Unione conformemente alle proprie norme costituzionali”.
Per farlo, deve informare il Consiglio Europeo della sua intenzione e negoziare un accordo sul suo ritiro, stabilendo le basi giuridiche per un futuro rapporto con l’Unione. L’accordo, poi, deve essere negoziato in accordo con l’articolo 218(3) del Trattato ed esser approvato da una maggioranza “super qualificata” degli Stati Membri (almeno il 72% dei Membri, ovvero il 65% della popolazione europea). Prima di concludere l’accordo, il Consiglio deve avere il consenso del Parlamento Europeo.
I Trattati cesseranno di applicarsi allo Stato Membro in questione dalla data di entrata in vigore dell’accordo di ritiro o, in mancanza di esso, due anni dopo la avvenuta notifica, a meno che il Consiglio Europeo, in accordo con lo Stato Membro in questione, non decida all’unanimità di estendere tale periodo (articolo 50(3)).
Il quadro legale non garantisce, tuttavia, in termini assoluti, i tempi del negoziato. Ma la “bottom line” è che anche se non si riesce a trovare un consenso, il Regno Unito cesserà di essere soggetto ai Trattati Europei alla fine del periodo dei due anni intercorsi dalla notifica dell’invocazione dell’Articolo 50.
Per riassumere la procedura:
La lettera di “formal notice” notifica la volontà dello Stato Membro di lasciare l’Unione. Questa viene mandata al Consiglio Europeo, che produrrà le linee guida per i negoziati.
La Commissione raccomanda al Consiglio dei Ministri l’apertura dei negoziati. Iniziano così i negoziati tra l’Ue e il Regno Unito.
Il Consiglio chiede al Parlamento europeo il proprio consenso. Il Consiglio conclude l’accordo con lo Stato membro che vuole lasciare l’Unione, con una maggioranza super qualificata. Si procede quindi alla ratifica, da parte degli Stati Membri, delle modifiche necessarie nei Trattati.
Su cosa si concentreranno i negoziati con il Regno Unito?
Tutte le materie che sono di competenza europea, contenute nei Trattati che legano il Regno Unito all’Unione Europea. Quindi, le conseguenze, di ampissimo spettro, sono sia politiche che economiche per ambedue le parti.
L’articolo 50 riguarda solamente il ritiro del Regno Unito da obblighi e diritti dell’Unione. Ma non stabilisce la nuova forma di rapporto tra le due entità, né tra il Regno Unito e gli Stati Membri che restano nell’Unione. In un secondo momento occorrerà quindi stabilire le nuove regole ed i nuovi parametri tra i due poli.
I negoziati dovranno stabilire se il Regno Unito parteciperà pienamente al “multi-annual financial framework (MFF)” con scadenza nel 2020. E in ogni caso, ci vorranno anni per dirimere le dispute finanziarie tra Londra e Bruxelles come quella riguardante, ad esempio, la questione delle pensioni per il personale britannico che lavora per le istituzioni europee.
Un eventuale accordo sul coinvolgimento del Regno Unito in alcuni programmi europei, la partecipazione britannica alle attività di alcune delle agenzie europee, lo statuto in Europol, l’affiliazione a programmi come Galileo o al Fondo europeo di Sviluppo, alla Banca Europea degli Investimenti sono materia di negoziato.
L’uscita del Regno Unito dal budget Ue, la questione dei confini esterni dell’Unione (la questione del confine tra Regno Unito ed Irlanda), la garanzia dei diritti dei cittadini europei nel Regno Unito, lo spostamento delle agenzie europee da Londra ad altri Paesi (la “European Banking Authority” e la “European Medicines Agency”) e gli accordi transitori per arrivare alla fine dei negoziati sono tutti elementi che costituiscono la materia vivente di questo processo Brexit.
Certamente gli accordi finanziari tra le due parti saranno i più complicati da gestire, insieme a quelli riguardanti la protezione dei diritti dei 3 milioni di cittadini europei attivi economicamente nel Regno Unito e dei 2 milioni di britannici che vivono negli altri Paesi Ue. Gli accordi reciproci, infatti, dovranno riguardare anche il diritto al lavoro e il trattamento sociale e sanitario, la garanzia dei diritti civili nel senso più ampio.
Inoltre, c’è anche la dimensione degli accordi internazionali, come il COP21, quelli firmati sia dall’Unione che dal Regno Unito. Le quote e le clausole di partecipazione finanziaria dovranno infatti esser rinegoziati per ogni accordo, spesso con il consenso di terze parti.
In molti casi, questi strumenti saranno temporanei e necessari per assicurare una transizione fluida perché l’obiettivo rimane la Brexit.
Qualunque sarà la relazione futura tra l’Unione ed il Regno Unito, essa sarà diversa da quella attuale e i diritti del Regno Unito in casa europea cesseranno gradualmente o saranno rinegoziati come elementi del futuro concordato.
Districare il Regno Unito da tutti i suoi obblighi europei non sarà facile ma se ne intravederanno le linee guida quando la relazione tra le due entità avrà assunto contorni netti e definiti, cioè quando il Regno Unito avrà indicato con chiarezza quali sono le proposte da mettere sul tavolo, tra le quali, ad esempio, questione doganale che apre la porta alla dimensione della partecipazione economica britannica sui mercati europei.
Altra questione da affrontare, da parte del Parlamento europeo, è decidere cosa fare con i 73 seggi lasciati vuoti dagli eurodeputati britannici a fine legislatura. Una delle proposte più accreditate a Bruxelles è quella di mettere a disposizione quei seggi per candidati pan-europei eletti da liste transnazionali.
I rischi di un periodo di incertezza legale e di controversia politica sono quindi tanti e il periodo di transizione appare lungo.
Ma quale può essere il modello per la futura relazione tra l’Unione e il Regno Unito?
Ci sono state molte speculazioni. Il modello norvegese, proposto da alcuni, è stato bocciato perché troppo vicino ad una partecipazione piena sia dal punto di vista politico che istituzionale. Si è fatta menzione dell’opzione Turchia, con la partecipazione all’unione doganale ma non al mercato unico; all’opzione Svizzera; a quella Canada, con un accordo di libero scambio commerciale. E poi, da ultimo, si è parlato di accordi di associazione simili a quelli adottati dall’Unione di recente con l’Ucraina, la Georgia e la Moldavia, caratterizzati da una cooperazione politica ed una ampia area di libero scambio.