Bruxelles – L’olio di palma è diventato uno degli ingrediente più utilizzati a livello mondiale, soprattutto nei cibi di bassa qualità, ed è in corso una strenua battaglia delle organizzazioni ambientaliste che, soprattutto attraverso i social network viene amplificata sempre di più, per chiederne il divieto o comunque di ridurne fortemente l’utilizzo. Il motivo è che oltre a essere accusato di essere nocivo alla salute, la sua sovrapproduzione è alla base della deforestazione di ampie zone dell’Africa e dello sfruttamento del lavoro nelle zone povere del pianeta.
Il tema è arrivato anche al Parlamento europeo dove è in discussione una risoluzione per chiedere all’Europa di bandirne l’utilizzo almeno nei biocarburanti, e ridurne così importazioni e impatto sull’ecosistema.
“Che ci piaccia o no l’olio di palma è ancora ovunque nella nostra vita. Penso che ogni consumatore debba riflettere sui suoi comportamenti, ma i consumatori devono prima essere informati e capire tutti gli aspetti controversi legati al suo consumo” afferma a Eunews Kateřina Konečná, europarlamentare della sinistra Gue e relatrice del rapporto.
Presente in snack, biscotti, cracker e decine di altri alimenti confezionati, nonché nei cosmetici, l’olio di palma è considerato da numerosi studi e ricerche un potenziale rischio sanitario. “Il consumo di molti prodotti che contengono olio di palma non è buono, perché molto spesso si trova in cibo spazzatura e nei dolci”, dichiara Konečná denunciando che “uno studio dell’Efsa, l’agenzia alimentare dell’Ue, fornisce prove sufficienti che alcune sostanze che si formano durante la lavorazione di oli vegetali raffinati sono tossiche e cancerogene”, e queste sostanze “sono presenti in quantità particolarmente alte negli oli di palma, quantità di 6/10 volte superiori rispetto agli altri grassi vegetali”.
Al di là delle ripercussioni sulla salute umana una delle principali conseguenze dell’uso eccessivo dell’olio di palma, di cui l’Europa è il terzo mercato più grande al mondo, è l’impatto ambientale legato alla deforestazione causata dalla sua coltivazione. E paradossalmente l’eccessiva importazione europea è dovuta a una ragione “ambientalista”, ovvero per la produzione di bio-carburanti.
“Quasi la metà dell’olio di palma che arriva in Europa viene utilizzato come bio-carburante”, spiega l’europarlamentare del Gue, secondo cui “ciò è illogico, perché l’Unione europea sta cercando di prevenire i danni climatici ricorrendo ai bio-carburanti”, ma “utilizzare l’olio di palma in questo modo contribuisce alla deforestazione delle foreste pluviali, favorisce la diffusione di consistenti incendi che danneggiano il clima e di molti altri aspetti negativi che stanno distruggendo il nostro pianeta”.
Ad essere colpiti dalla produzione intensiva di questa monocoltura sono soprattutto gli ecosistemi tropicali e in particolare le foreste pluviali, circa il 7% della vegetazione globale. E non solo. “Anche gli ecosistemi marini sono colpiti, le acque sotterranee stanno scomparendo e i fiumi si stanno prosciugando”, si legge nel report.
La soluzione è mettere al bando questa sostanza che crea danni alimentari e ambientali? Secondo la relatrice del rapporto, no. “Non mi piacciono i divieti, ma è ora di parlare dell’olio di palma e farci domande importanti”, ha spiegato Konečná. “Dobbiamo chiederci se davvero abbiamo bisogno dell’olio di palma, se vogliamo utilizzarlo come carburante biologico, oppure se vogliamo utilizzare solo l’olio di palma la cui produzione non ha conseguenze sulla deforestazione o non crea problemi di questo tipo”. Per questo la relazione chiede alla Commissione europea di “spingere perché l’uso di olio di palma come componente di biodiesel sia eliminato a partire dal 2020 al più tardi”.
Stretta tra l’emergenza del cambiamento climatico e quella della deforestazione, l’Europa ha puntato sui bio-carburanti che secondo Konečná non è detto che siano la strada giusta da percorrere. Non lo è se, a detta dell’europarlamentare, produce “deforestazione, lavoro minorile, negazione dei diritti delle comunità locali, incendi e morte degli animali che vivono in questi territori”.