Roma – L’abbandono annunciato dal presidente dell’Europarlamento Martin Schulz, intenzionato a lasciare Strasburgo per correre alle elezioni politiche 20017 in Germania, fa traballare la poltrona del presidente del Consiglio europeo Donald Tusk. È il sottosegretario agli Affari Ue Sandro Gozi, partecipando a un forum dell’Ansa, a legare la riconferma del Polacco alla scelta del successore di Schulz.
“È legittimo” che i popolari ambiscano a sostituire il socialista con un loro esponente alla presidenza del Parlamento europeo, “ma non è possibile avere tre rappresentanti di quella parte politica nelle tre istituzioni al vertice dell’Ue”, ammonisce Gozi, visto che sia Tusk che Jean-Claude Juncker sono del Ppe. E all’ipotesi che sia un italiano a prendere il posto di Schulz, risponde con un “perché no?” che alimenta le speranze dell’attuale vicepresidente Antonio Tajani, uno dei papabili per lo scranno più alto da eurodeputato, ma anche di Gianni Pittella candidato naturale in quanto leader dei socialisti, nel caso in questi ultimi mantenessero la presidenza per un equilibrio istituzionale, ipotesi richiesta dallo stesso Pittella.
Dal momento che il presidente della Commissione Juncker non è in discussione perché il suo mandato dura l’intera legislatura, per compensare una guida Ppe dell’esecutivo e del Parlamento, secondo il sottosegretario, “si dovrebbe aprire quindi la questione della presidenza del Consiglio europeo”, che come quella dell’Assemblea di Strasburgo deve essere rinnovata dopo due anni e mezzo. Alla domanda se possa essere l’ex presidente del Consiglio italiano Enrico Letta a sostituire Tusk, l’esponente del governo risponde che “è presto per fare il toto-nomine”.
Gozi è “dispiaciuto” per l’abbandono di Schulz, ma allo stesso tempo lo considera “una buona notizia”, perché “porterà in Germania un’idea di politica europea diversa”, in particolare “sulla questione economica e sociale”. Una visione molto differente, sottolinea ancora, da quella del ministro della Finanze Wolfgang Schaeuble, il quale “ricorda spesso le regole che gli piacciono” e “dimentica quelle che non gli piacciono”. L’accusa si riferisce alla polemica, condannata anche dal premier Matteo Renzi, contro le raccomandazioni della Commissione europea a Berlino. “Le regole quando ci sono si applicano tutte, anche quelle sugli squilibri commerciali”, chiosa il sottosegretario.
Tuttavia, ammette, anche il governo italiano pensa “che alcune regole non vadano più bene” perché non sono il linea con l’obiettivo di garantire “più crescita e occupazione”. Ad esempio, riferisce Gozi, “per noi non va bene inserire il Fiscal compact nei trattati”. Dunque, annuncia, questa ipotesi “non avrà il voto dell’Italia” quando si aprirà la discussione prevista dallo stesso accordo dopo i primi cinque anni dalla sua entrata in vigore. La scadenza cade nel 2017, e l’Italia è intenzionata ad “aprire un dibattito politico ampio” a partire da marzo prossimo, quando a Roma si celebrerà il sessantesimo anniversario dei trattati che hanno sancito l’inizio del percorso di integrazione europea.