Bruxelles – Non si spende tanto nel settore sanitario, eppure l’Italia è il secondo Paese europeo in cui si vive più a lungo. È quanto emerge da “Healt at a Glance”, la relazione congiunta che Ocse e Commissione europea hanno stilato sulla sanità in Europa. In fatto di spesa sanitaria, emerge dal rapporto, il nostro Paese si colloca al di sotto della media europea. In cifre: l’Italia spende nel settore il 9,1% del suo Pil contro una media europea del 9,9%. Siamo insomma ben lontani dagli standard di Paesi come Germania, Svezia e Francia che dedicano alla sanità oltre l’11% del proprio prodotto interno lordo. In Italia oltre i tre quarti della spesa sanitaria sono finanziati pubblicamente (76%), poco meno della media Ue (79%).
Nonostante la spesa modesta, in Italia si vive più a lungo di quasi ovunque in Europa. Nel nostro Paese la vita media è di 83,2 anni, oltre due anni al di sopra rispetto alla media europea ferma ad 80,9 anni. Più longevi di noi sono solo gli spagnoli. Uno dei fattori che ha contribuito alla crescita dell’aspettativa di vita in Italia, secondo il rapporto, è la buona qualità di assistenza sanitaria per condizioni potenzialmente letali. Ad esempio: il tasso di mortalità a seguito di un ricovero ospedaliero per infarti e ictus in Italia si è significativamente ridotto ed è fra i più bassi dell’Ue.
Il rapporto contiene però anche note negative, come il dato secondo cui in Italia sono in aumento le esigenze di cure mediche o dentali che restano insoddisfatte a causa di costi eccessivi, distanza geografica o tempi di attesa troppo lunghi. Le esigenze sanitarie insoddisfatte sono cresciute dal 5% del 2009 al 7% del 2014. Questa proporzione è doppia per le persone nel gruppo di reddito più basso (14%). La proporzione di persone che riporta esigenze non soddisfatte nell’assistenza dentale per gli stessi tre motivi è cresciuta dal 7% nel 2009 al 10% nel 2014, ed è anch’essa doppia per i più poveri (20%). Ogni aumento delle esigenze non soddisfatte, in particolare fra i gruppi a basso reddito, può risultare in stati di salute peggiori e aumentare le disuguaglianze nella sanità.
Nel sistema sanitario italiano sono poi troppo diffuse prassi non positive come un eccessivo uso di antibiotici, che vengono prescritti troppo frequentemente dai medici italiani. Nel 2014 il consumo di antibiotici nel nostro Paese ha superato del 25% la media europea, risultando il quinto livello di consumo più alto a livello europeo. Si tratta, secondo il rapporto, di un problema preoccupante perché favorisce la diffusione di ceppi batterici resistenti, che a sua volta riduce l’efficacia di terapie convenzionali, risultando in periodi di malattia protratti, maggiore rischio di decesso, e costi più alti. Al contrario, il consumo dei farmaci generici rimane relativamente basso, rappresentando il 18% del volume del consumo farmaceutico totale nel 2014, rispetto a una media Ue del 52% del volume.
In generale a livello europeo, lo studio ha mostrato una speranza di vita superiore agli 80 anni nella maggior parte degli Stati membri. Questo record però non è sempre sinonimo di anni vissuti in buona salute, visto che circa 50 milioni di cittadini soffrono di diverse malattie croniche e i decessi delle persone in età lavorativa a esse imputabili ammontano a oltre mezzo milione ogni anno. Fattore che si traduce in una perdita anche economica, pari a 115 miliardi di euro.
Secondo la relazione di Ocse e Commissione europea, 550mila persone in età lavorativa muoiono ogni anno a causa di malattie potenzialmente evitabili. Il 16% degli adulti è obeso (dato in crescita rispetto all’11% del 2000) e uno su cinque fuma. Insomma, si potrebbero salvare molte vite se si concentrassero più risorse innanzitutto sulle strategie di promozione della salute e di prevenzione delle malattie. I sistemi sanitari dunque devono essere migliorati e devono anche essere più accessibili: il 27% dei pazienti, evidenzia il rapporto, va al pronto soccorso perché non è disponibile un’assistenza sanitaria di base. In media il 15% della spesa per la sanità è pagata direttamente dai pazienti, ed esistono grandi disparità tra i Paesi. Per gli europei più poveri la probabilità di non ricevere un’assistenza sanitaria adeguata per ragioni economiche è 10 volte superiore rispetto alle persone più benestanti.
I sistemi sanitari devono anche, secondo Ocse e Commissione, evolversi in funzione dell’aumentata quota di over 65, fascia d’età che è passata da meno del 10% nel 1960 a quasi il 20% nel 2015 e si prevede che raggiungerà circa il 30% entro il 2060. L’invecchiamento della popolazione insieme a un tasso crescente di malattie croniche e vincoli di bilancio richiederanno un’evoluzione dell’assistenza sanitaria che comprenderà la riduzione dei soggiorni in ospedale mediante una migliore organizzazione dell’assistenza sanitaria di base e dell’assistenza extraospedaliera, nonché la razionalizzazione della spesa farmaceutica, anche avvalendosi appieno delle possibilità di sostituire i medicinali di marca con medicinali generici.