Bruxelles – La richiesta sarà ufficializzata solo giovedì con la votazione di una risoluzione dell’Aula, ma già la posizione del Parlamento europeo è chiara: i negoziati per l’adesione della Turchia all’Ue vanno congelati. Non lascia dubbi il dibattito andato in scena oggi a Strasburgo su cosa si debba fare, secondo gli eurodeputati, della prospettiva europea di Ankara ora che tutti i segnali provenienti dal governo di Recep Tayyp Erdogan vanno in una direzione diametralmente opposta rispetto agli interessi e ai valori europei. Per una volta lo schieramento è trasversale e coinvolge tutti i settori dell’Aula. “Il nostro gruppo sostiene il bisogno di congelare il processo di adesione per dare il segnale che, a queste condizioni, l’Ue non è nella posizione di portare avanti i negoziati”, apre le danze il capogruppo dei popolari del Ppe, Manfred Weber, secondo cui “non possiamo essere spettatori inermi di questi cambiamenti e non possiamo continuare come se nulla fosse”. Un congelamento dei negoziati, per il Ppe, non sarebbe un “puntare il dito” ma un “appello alla Turchia come partner per dire che questo sentiero non è quello giusto, né per i suoi cittadini né per l’Ue”.
Sulla stessa linea i Socialisti e democratici che chiedono un congelamento dei negoziati che, specifica il capogruppo Gianni Pittella, “non è un’interruzione”. Occorre insomma “lasciare aperta la porta del dialogo perché si possa in futuro, mi auguro nell’immediato futuro, riprendere il dialogo”, chiede il leader S&D. Per il gruppo, quello che sta accadendo in Turchia con gli arresti di esponenti dell’opposizione parlamentare e di rappresentanti della stampa e della società civile “non è giustificabile nemmeno alla luce del colpo di Stato” di luglio. E a fronte di questa “situazione drammatica”, insiste Pittella, “non possiamo rimanere in silenzio, l’Ue non può accettare alcun ricatto quando in gioco c’è il rispetto della democrazia e dei diritti umani”. Una posizione su cui, sottolinea l’esponente Pd, c’è l’accordo della “stragrande maggioranza del Parlamento”.
Più diviso al suo interno appare il gruppo dei conservatori che pare avere lasciato “libertà di coscienza” ai suoi membri. Alcuni membri di Ecr sono a favore, altri contrari e altri si astengono, anticipa il capogruppo Syed Kamall, spiegando però che tutti sono “uniti nel dire che adesso basta”. Ora “dobbiamo essere onesti con la Turchia e con noi stessi”, chiede Kamall, secondo cui “l’Ue continua a fingere che tutto vada come dee andare con la Turchia ma non fa che mettere cerotti su crepe sempre più grandi”. Che si contini il processo di adesione o no, per Ecr, “è chiaro che la relazione di adesso con la Turchia non funziona” e occorre “costruire una nuova relazione che non si basi per forza sull’adesione ma su una reale cooperazione”. Nettamente a sostegno dell’interruzione dei negoziati anche i liberali dell’Alde. Secondo il capogruppo Guy Verhofstadt, “se continuiamo i negoziati prendiamo in giro noi stessi e anche i cittadini turchi che pensano che l’Europa sia il loro futuro”. Per questo c’è un “ampissima maggioranza” in Parlamento che chiede “il congelamento dei negoziati e una serie di prerequisiti per riprenderli”, assicura Verhofstaddt, secondo cui se l’Ue non prende posizione contro un “regime autoritario” finisce per “perdere credibilità”.
A sostegno del congelamento dei negoziati anche la Sinistra radicale Gue secondo cui “il Parlamento perderebbe ogni traccia di dignità se non compisse questo passo” e i Verdi che chiedono che l’Ue mandi “un messaggio forte”. Con la maggioranza, per una volta, anche il Movimento 5 Stelle che con Laura Ferrara sostiene: “La condanna non può fermarsi alle parole, chiediamo con forza la sospensione immediata dei negoziati di adesione e lo stop dei fondi europei ad essa destinati”. Per Lorenzo Fontana della Lega Nord, poi, “far aderire all’Ue un Paese musulmano, il cui presidente ha in odio la democrazia e i diritti civili, è come aprire le porte a un cavallo di Troia”.
Un messaggio quasi unanime quello inviato dagli eurodeputati all’Alto rappresentante per gli Affari esteri Ue, Federica Mogherini, che presente in Aula continua però a sostenere la più cauta posizione della Commissione europea. “La nostra relazione con la Turchia è a un bivio perché la Turchia stessa è a un bivio”, ammette Mogherini, secondo cui però “se il processo di accesso finisce ci troveremmo in uno scenario perdente per entrambi” perché “l’Europa perderebbe un importante canale di dialogo e di influenza con la Turchia, la Turchia perderebbe molto e tutti perderebbero un importante canale di dialogo”. Certo c’è un limite alla tolleranza Ue: “È chiaro – sottolinea l’Alto rappresentante – che passare dalla retorica all’azione sulla pena di morte sarebbe un segnale che la Turchia non vuole essere membro della famiglia europea, né del consiglio d’Europa, di cui oggi fa parte, né dell’Ue”.