Bruxelles – Forze multinazionali europee, un quartier generale per gestire operazioni Ue, risorse militari comuni per evitare sprechi e incentivi Ue per sostenere la ricerca nel campo della Difesa. Anche il Parlamento europeo entra nel dibattito sulla necessità di dare vita ad una vera unione della Difesa. Lo fa con una risoluzione che ricalca in gran parte l’accordo trovato pochi giorni fa dai ministri degli Esteri e della Difesa Ue su impulso dell’Alto rappresentante per gli Affari esteri Ue, Federica Mogherini. La risoluzione (qui il testo), approvata con 369 voti in favore, 255 voti contrari e 70 astensioni, parte dall’assunto che “la situazione della sicurezza all’interno e attorno all’Europa è considerevolmente peggiorata e ha dato luogo ad ardue sfide senza precedenti che nessun Paese o organizzazione è capace di affrontare da solo”.
I deputati, così come già i ministri, sostengono che si dovrebbe sfruttare la possibilità prevista dai trattati ma mai effettivamente attuata, di dare vita a delle Cooperazioni strutturate permanenti tra alcuni Stati membri. Ossia, chi vuole integrarsi maggiormente dovrebbe essere libero di poterlo fare senza l’ostacolo degli Stati più prudenti. La risoluzione del Parlamento chiede di andare verso “forze multinazionali all’interno della cooperazione strutturata permanente e di mettere tali forze a disposizione della politica di sicurezza e di difesa comune”. I deputati incoraggiano anche la creazione di un quartier generale permanente “di comando e controllo delle operazioni militari” dell Politica di sicurezza e difesa comuni. Su questo tema, il Parlamento fa un passo in più rispetto ai ministri che si sono limitati a considerare la possibilità di istituire un quartier generale per la sola gestione delle operazioni non esecutive, visto che l’idea un quartier generale vero e proprio incontra la contrarietà di alcuni Stati membri, Regno Unito in primis, timorosi che ci sia una duplicazione delle strutture Nato esistenti.
Il Parlamento insiste poi sulla necessità di investire di più in difesa, centrando realmente l’obiettivo di spesa del 2% del Pil. Sul fronte spesa si potrebbero tagliare gli sprechi evitando duplicazioni, sovraccapacità e ostacoli che, sottolineano gli eurodeputati, conducono a uno spreco stimato in 26,4 miliardi di euro. Per questo l’Aula invita gli Stati membri a effettuare acquisti congiunti per le risorse necessarie alla difesa e a mettere in comune i materiali non letali, come i veicoli e i velivoli per il trasporto. La risoluzione approvata invita inoltre all’introduzione di un “Semestre europeo per la difesa, in cui gli Stati membri si consultino circa i reciproci cicli di pianificazione e piani di appalti”. Gli eurodeputati sottolineano anche l’importanza di un sostegno Ue alla ricerca nel settore della difesa, appoggiano, in questo senso, gli investimenti comunitari proposti in progetti per la difesa “di almeno 90 milioni di euro per il prossimo triennio” e chiedono in seguito un programma europeo di ricerca sulla difesa con una dotazione di 500 milioni di euro l’anno.
Tutto questo, rassicurano i parlamentari, deve essere fatto in piena sinergia con la Nato con cui anzi dovrebbe essere rafforzata la cooperazione soprattutto a est e a sud, per fronteggiare le minacce ibride e informatiche, per migliorare la sicurezza marittima e sviluppare le capacità di difesa. L’Ue però dovrebbe anche essere pronta ad agire in modo autonomo nei casi in cui la Nato non sia disposta a prendere l’iniziativa.
“È arrivato il momento di muoversi verso una politica europea di difesa che funzioni”, ha sottolineato il relatore del testo, il liberale estone Urmas Paet, ricordando che oggi “la cooperazione tra gli Stati membri è occasionale e l’Europa continua ad affidarsi pesantemente sulle capacità della Nato e sulla solidarietà degli Stati Uniti”. Secondo l’eurodeputata del Ppe Lara Comi “di fronte alle tante minacce alla libertà e alla serenità della nostra gente, occorre una decisa svolta per contribuire in maniera determinante alla sicurezza dell’Unione ed alla gestione delle crisi internazionali che non può più basarsi su improvvisazione o azioni singoli dei Paesi membri”.