Bruxelles – Cecilie Kyenge e il gruppo Pd al Parlamento europeo si schierano contro la nuova riforma del Regolamento di Dublino presentata dalla Commissione. Lo ha dichiarato la stessa europarlamentare Pd, Cécile Kyenge, a Roma durante l’evento da lei promosso in Senato: “L’agenda europea sulla migrazione: a che punto siamo?”.
La proposta in discussione a Bruxelles prevede il superamento dell’attuale sistema che regola l’accoglienza dei rifugiati sul suolo europeo. Pur essendo d’accordo sulla eliminazione del criterio dello Stato di primo approdo, per cui la competenza a valutare la richiesta di asilo è del primo Stato in cui il migrante ha messo piede, tuttavia per Kyenge la proposta di riforma “così com’è non va bene, non c’è vera solidarietà, e noi come Pd al Parlamento europeo non siamo disponibili a votare questa proposta. Significherebbe non aver capito la lezione”.
L’incapacità di gestire la situazione dei rifugiati, un milione di persone, nell’Unione europea, circa 500 milioni di abitanti, è dovuta a quella che l’europarlamentare definisce “una crisi profonda di solidarietà fra i governi degli Stati membri”.
All’europarlamentare Kyenge non piacciono diversi punti della proposta di riforma. “Non accettiamo, tra le altre cose, che sia lo Stato di primo ingresso ad avere l’obbligo di effettuare il ‘check’ di inammissibilità dei migranti se il richiedente proviene da un primo paese di asilo o da paese terzo sicuro”, ha spiegato. Inoltre, “non condividiamo il cosiddetto ‘meccanismo correttivo di allocazione’ che si attiva automaticamente ogni volta che lo Stato membro si trova ad affrontare numeri sproporzionati di richiedenti asilo”, più del 150% della quota prevista. In questo caso le persone in eccesso vengono distribuite tra gli altri Stati. Cecilie Kyenge ritiene troppo elevata la soglia del 150%, perché se si arriva a tali numeri significa che “il Paese di prima accoglienza è già oltre il suo collasso”.
Per superare la situazione di stallo in cui si trovano le politiche migratorie in Europa, secondo Kyenge, “l’unica via di uscita è colmare questo deficit di solidarietà applicando finalmente quel principio di solidarietà ed equa ripartizione delle responsabilità fra tutti gli Stati membri, scritto nei trattati”. Gli Stati membri non scelgono le politiche improntate sulla solidarietà, perché secondo l’europarlamentare“ i governi degli Stati membri sono paralizzati dalla paura e dall’egoismo. Si illudono in questo modo di arginare il populismo, ma invece lo inseguono”.