Roma – In Europa bisogna “uscire dal linguaggio populista”. È l’avvertimento lanciato dal presidente del Comitato economico e sociale europeo (Cese), Georges Dassis, che ha precisato però che quando si parla di immigrazione “è populismo dire ‘vengono a rubarci il lavoro’ ”, ma “lo è anche dire ‘siamo belli, buoni e generosi e li accoglieremo tutti’ ”. Per Dassis non è mancanza di volontà ma la costatazione che “non possiamo accogliere 50 milioni di esseri umani, perché tanti sono gli oppressi che vivono nel mondo”. L’Europa deve però “avere una vera politica unica dell’immigrazione”, che “al momento non c’è”, come “non c’è una politica unica sull’Asilo”.
A frenare la sua nascita è l’egoismo di alcuni Stati membri, paradossalmente proprio di quelli che il dramma dell’emigrazione lo hanno vissuto in prima persona. Criticando il gruppo di Visegrad, che ha addirittura fatto ricorso contro la proposta della Commissione Juncker per la ricollocazione dei rifugiati, Dassis ha prima ricordato che i Paesi europei “hanno l’obbligo legale di offrire asilo a esseri umani in difficoltà che lo chiedono”, e si è detto poi stupito del fatto che proprio i dirigenti di quei Paesi “i cui cittadini quando c’era la gurra sono stati accolti da altri Stati, aiutati nel momento del bisogno”, oggi “negano accoglienza e umanità a esseri umani che la chiedono”.
Dassis ha anche sottolineato che “le attuali minacce all’accordo Schengen rappresentano un grande passo indietro” e ha avvertito che “il ripristino delle barriere alla libera circolazione di cui eravamo riusciti a sbarazzarci costerà molto caro”, questo perché “se la solidarietà si rafforza eliminando gli ostacoli, non potrà che essere indebolita se si ricreano”, e “se la libertà di circolazione è espressione di un’unione sempre più stretta tra i popoli, qualsiasi cosa la impedisca non può che creare divisione tra i popoli”.