Roma – “Pensare a una politica estera e di sicurezza senza la diplomazia culturale è follia” secondo la presidente della commissione Cultura al Parlamento europeo Silvia Costa, che lo spiega nel suo intervento a ‘How can we govern Europe?’, nella seconda giornata di dibattiti organizzata da Eunews a Montecitorio.
L’eurodeputata S&D Critica il fatto che “mentre nella passata legislatura qualcosa è stato fatto, in questa purtroppo non è ancora venuta una parola dal commissario ungherese” Tibor Navracsics, e “tra le dieci priorità indicate dalla Commissione europea” a inizio mandato “la parola cultura non c’è”. Tuttavia, riconosce Costa, “finalmente qualcosa l’ha fatta Federica Mogherini”, alto rappresentante per la Politica estera e di sicurezza dell’Ue, promuovendo la comunicazione sulla diplomazia culturale.
Oltre al sostegno che può dare “per evitare il ricorso alle armi” nelle relazioni internazionali, Costa sottolinea che la cultura rappresenta un comparto nel quale operano in Europa “più di un milione e mezzo di aziende e tra i 6 e i 7 milioni di lavoratori”, e “la bilancia dell’import-export equivale a quella delle industrie chimica e automobilistica messe insieme”. Inoltre, aggiunge, quello culturale “è il principale settore di occupazione giovanile e femminile” e anche per questo “va messo in primo piano”.
La deputata europea mette però in guardia da un “approccio che relega la cultura a ruolo ancillare”, per il quale “o è utile all’economia, o non conta che stimoli il pensiero critico”. Una riflessione che ha animato l’intervento del deputato spagnolo di Podemos, Marcelo Expósito, il quale riflette su “cosa vuol dire parlare di cultura europea in un momento di crisi” economica, che a suo avviso “ha scatenato una guerra contro la popolazione civile nel Sud dell’Europa” a causa delle privatizzazioni imposte e delle misure di austerità.
Expósito ritiene si debba “promuovere una vera rivoluzione culturale che dia nuovamente potere ai cittadini dal basso”. Dal momento che “educazione e cultura sono strettamente legate”, indica, “bisogna pensare a un modello educativo che promuova, attraverso la cultura, un nuovo tipo di cittadinanza”. Una condizione a suo avviso necessaria anche per far progredire l’assetto istituzionale dell’Ue: “Non saremo capaci di costruire nuove istituzioni europee se non promuoviamo la cultura”, conclude.