Roma – “I criteri che l’Unione europea adotta per la liberalizzazione dei visti sono 72, molto precisi, molto chiari, e difficilissimamente possono essere rispettati oggi dalla Turchia”. Lo riferisce in Senato il ministro degli esteri Paolo Gentiloni, condannando gli arresti dei parlamentari dell’opposizione filocurda avvenuti nella notte tra il 3 e il 4 novembre scorsi.
Perché venga concessa la liberalizzazione dei visti ai cittadini turchi, ricorda il titolare della Farnesina, i cirteri dell’Ue “richiederebbero ad esempio una modifica della legge antiterrorismo che fornisce le basi per le violazioni dei diritti umani di questi giorni”.
Inoltre, “se gli accenni ad un ripristino della pena di morte” di cui si discute in Turchia “si dovessero concretizzare”, ammonisce il capo della diplomazia italiana, “sarebbero automaticamente conclusi i negoziati per l’adesione all’Ue”, dal momento che l’Unione europea “non può accettare” come Paese membro uno Stato in cui vige la pena capitale.
Tuttavia, sottolinea il ministro, “non saremo noi a chiudere formalmente la porta”. L’Ue ha “regole chiare e valori come lo Stato di diritto, la libertà, e a questi ci atteniamo”, precisa Gentiloni. Su questo l’Europa non è disponibile a fare sconti nonostante si tratti di “un alleato chiave”, avverte. Dunque, “sta alla Turchia decidere se vuole andare verso l’Europa, oppure se, come sembra in queste settimane e in questi mesi, proseguire in una direzione opposta”. In ogni caso, ripete, “non saremo noi a sbattere la porta perché non vogliamo fornire alibi” ad Ankara.