Bruxelles – Il Bilancio dell’Italia è “a rischio di non conformità” con gli impegni per il 2017 e potrebbe comportare “un rischio significativo di deviazione dal cammino verso gli obiettivi di medio termine”. Ma per il nostro Paese, e gli altri 5 che condividono questo rischio, Belgio, Cipro, Lituania, Slovenia e Finlandia, il giudizio definitivo della Commissione, che oggi presentata i suoi pareri, è rimandato e così il governo di Matteo Renzi avrà più tempo per portare avanti le trattative, ed eviterà una sentenza prima del referendum costituzionale del prossimo 4 dicembre.
Insieme ad altri 12 Paesi, l’Italia sarà sottoposta a un “esame approfondito”, e la Commissione presenterà le sue conclusioni di questo esame nei primi mesi del 2017. Gli altri stati che restano sotto esame sono Bulgaria, Croazia, Cipro, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Paesi Bassi, Portogallo, Slovenia, Spagna e Svezia.
La significativa deviazione “è dovuta a costi relativi ai terremoti, che sono stati seri e drammatici, e alla gestione dei flussi migratori, e lo terremo in considerazione”, ha spiegato il commissario agli Affari economici, Pierre Moscovici. Il bilancio, ha affermato Moscovici, “non è stato rigettato perché non ci sono circostanze gravi”, ma le differenze tra le richieste di Bruxelles e quanto è disposta a fare l’Italia “restano”, anche se “sono diminuite”. Il dialogo, ha continuato il commissario, “continua”, e il 5 e 6 dicembre Eurogruppo ed Ecofin diranno anche la loro opinione e poi Bruxelles emetterà un giudizio finale “vedendo se ci saranno state delle correzioni nelle prossime settimane”.
Il nostro Paese resta sotto la lente di Bruxelles anche per il debito troppo alto, che supera il 130% del Pil. “Per il Belgio e l’Italia che sono nel braccio preventivo” del Patto di stabilità e “devono rispettare la regola del debito”, la Commissione Ue ritornerà “a breve” con un “rapporto sul debito”, ha dichiarato il vicepresidente della Commissione Ue Valdis Dombrovskis.
Sul fronte della flessibilità l’Italia può sorridere. La Commissione europea riconosce tutte le ragioni del governo in tema di richieste di non conteggio delle spese straordinarie ai fini del calcolo di debito e deficit. Nel documento programmatico di bilancio si sostiene che i costi sostenuti per far fronte all’emergenza terremoto ammonteranno allo 0,18% del Pil (circa tre miliardi di euro), e la Commissione prenderà per buone le stime italiane. Anche perché, pur volendo, non è possibile verificarle. L’esecutivo comunitario farà dunque verifiche ex-post sulle spese legate ai sismi, considerati come eventi eccezionali e come tali trattati. Quanto alle spese per la gestione dei migranti, l’Italia sostiene che nel prossimo anno peserà per lo 0,22% del Pil. Bruxelles ha però già concesso sconti per gli anni 2015 e 2016, per spese pari allo 0,07% del Pil, e intende sottrarre quanto già concesso a quello che l’Italia reclama. La differenza è dunque una flessibilità attesa per lo 0,15% del Pil, con il resto che sarà a carico dell’Italia.