Bruxelles – Un incontro non tanto sulla vittoria di Donald Trump, ma su che cosa l’Unione europea deve fare in più e meglio, a maggior ragione dopo il cambio della guardia alla Casa bianca. Così i leader dell’Unione europea descrivono la riunione convocata d’emergenza dall’Alto rappresentante per gli Affari esteri dell’Ue, Federica Mogherini, dopo l’esito meno gradito all’Europa nelle elezioni americane. “Credo che l’Europa non debba preoccuparsi di Trump”, ma “concentrarsi sui suoi problemi e rispondere alle domande e alle questioni aperte al sui interno e tra i suoi cittadini”, ha riassunto a fine riunione il ministro degli Esteri italiano, Paolo Gentiloni, insistendo sui “problemi della crescita economica, delle migrazioni e della sicurezza”. Un’Europa “forte e che risponda a questi problemi poi sarà certamente in grado di cooperare con gli Stati Uniti”, si dice sicuro il ministro. “Dobbiamo attendere le posizioni della nuova amministrazione, ma soprattutto vedere cosa gli europei sono pronti a fare insieme per avere una voce più forte sulla scena internazionale e questo è vero in materia di difesa, sicurezza, cambiamenti climatici, migrazione, commercio”, ha confermato il belga Didier Reynders, secondo cui questa per l’Europa è “un’opportunità che si apre”.
“Posso dire che c’è unità tra tutti sul bisogno di continuare a lavorare per rafforzare le relazioni transatlantiche” ma “basandoci sui nostri principi, valori e interessi”, ha sottolineato Federica Mogherini, anche lei concentrata sul bisogno di “rafforzare l’unità europea su alcuni temi che saranno cruciali nei mesi a venire” come “la lotta ai cambiamenti climatici, la messa in atto dell’accordo con l’Iran, il commercio”, cioè soprattutto quelli su cui potrebbe venire a mancare l’appoggio americano. “Dobbiamo vedere le politiche della prossima amministrazione” americana, ha ammesso Mogherini, ma “non possiamo permetterci di aspettare e vedere perché il mondo va avanti, le crisi non aspettano ma neanche le opportunità che possiamo cogliere”. Insomma “noi sappiamo quali sono le nostre posizioni in termini di interessi e principi europei, e tra questi c’è l’interesse a lavorare con gli Stati Uniti ma sta a loro determinare la loro agenda in politica estera”. Intanto Mogherini comincia a portarsi avanti annunciando che vorrebbe volare a Washington “presto” e invitare “il segretario di Stato americano ad uno dei prossimi Consigli Esteri”.
Ma se l’idea è quella di mostrare un’Ue compatta e pronta al complicarsi della situazione a livello internazionale, i fatti mandano un messaggio diverso. All’incontro si contano tre assenze di peso: oltre a quella “per motivi di agenda” del francese, Jean-Marc Ayrault, anche altre due chiaramente politiche. Quella dell’ungherese Péter Szijjártó, membro del governo di Viktor Orban che ha definito la vittoria di Trump “una grande notizia” e soprattutto quella del britannico Boris Johnson, che sabato ha spiegato di “non vedere la ragione di un’ulteriore riunione”. I tre Paesi hanno comunque inviato in rappresentanza un ambasciatore. “Tutti e ventotto gli Stati erano rappresentati”, ha sminuito Mogherini, che sull’assenza britannica ha aggiunto: “Immagino che sia normale per un Paese che ha deciso di uscire dall’Unione non essere così interessato al futuro delle nostre relazioni con gli Stati Uniti”. Dopo l’incontro di ieri sera, i ministri si stanno già riunendo nuovamente a Bruxelles per una riunione che dovrebbe segnare un primo reale passo avanti verso la creazione di una difesa comune europea, tema quanto mai centrale vista la riluttanza del nuovo presidente americano a contribuire alla difesa degli alleati Nato. Un primo test per vedere se davvero Trump avrà l’effetto di rafforzare l’ambizione dei Ventotto.