Bruxelles – Se nessuno ha il coraggio di dire basta, allora meglio scaricare la responsabilità sui cittadini. Potrebbe finire così, con un referendum, il tira e molla tra Bruxelles e Ankara sul processo di adesione turco che, come ormai è chiaro a tutti, non può portare lontano, ma che nessuno si prende la responsabilità di dichiarare fallito. “L’Unione europea cerca di costringerci a ritirarci da questo processo. Se non ci vogliono, lo facciano sapere chiaramente e prendano una decisione”, ha provocato il presidente turco, Recep Tayyp Erdogan in un’intervista al quotidiano Hürriyet, tornando sul duro report presentato la scorsa settimana da Bruxelles sui passi avanti (non) compiuti da Ankara sul cammino europeo. “La nostra pazienza non è infinita”, ha avvertito Erdogan, aggiungendo: “Se necessario possiamo andare a consultare il nostro popolo”.
Potrebbe essere una soluzione per togliere le castagne dal fuoco all’Unione europea, che da un lato condanna la dura repressione messa in atto dal governo turco e dall’altro ha paura di passare alla pratica per paura di vedere fallire l’accordo stretto a marzo sull’immigrazione che tiene migliaia di profughi lontani dalle coste greche. L’impasse europea è risultata evidente anche oggi, nel corso di una riunione dei ministri degli Esteri che ha deciso di inserire all’ultimo momento in agenda una discussione sulla Turchia ma per non dire nulla di sostanzialmente nuovo. Abbiamo “posizioni forti e unanimi a ventotto”, assicura a fine riunione l’Alto rappresentante per gli Affari esteri Ue, Federica Mogherini, secondo cui le notizie che arrivano dalla Turchia “confermano le nostre preoccupazioni”, ma rimane la necessità che “i canali rimangano molto aperti a tutti i livelli per essere sicuri di comunicare”. Cosa che comunque, ammette Mogherini,“non vuole per forza dire che ci capiamo”.
Eppure a sentire le dichiarazioni dei ministri le posizioni sembrano tutt’altro che unanimi. “Ripetiamo la preoccupazione” ma “questo non significa che da parte nostra si chiuda la porta in faccia alla Turchia”, spiega il ministro degli Esteri italiano, Paolo Gentiloni secondo cui Ankara “conosce le regole e conoscendole valuterà”. Insomma “non saremo noi a chiudere la porta, vediamo cosa dirà Ankara”. Linea morbida anche dal Regno Unito, con Boris Johnson che, durante la discussione tra i ministri avrebbe addirittura chiesto ai colleghi di smettere di “mettere all’angolo” la Turchia sul tema della reintroduzione della pena di morte. Ma non tutti sono così pazienti: “La mia posizione è chiara, non sono a favore del proseguimento dei negoziati di adesione”, chiarisce il ministro austriaco Sebastian Kurz, secondo cui “non c’è spazio per questa Turchia nell’Unione europea”. Anche secondo il Belgio occorre cominciare a pensare a prendere provvedimenti: “È importante che l’Ue pensi alle sue relazioni con un Paese così”, sottolinea il ministro degli Esteri di Bruxelles, Didiers Reynders, aggiungendo: “Credo che dobbiamo davvero osare andare a parlarne con le autorità turche e spero che l’Alto rappresentante lo faccia molto presto”.
Il tema del proseguimento o meno dei negoziati insomma è tutt’altro che chiuso, anche se quella dei ministri degli Esteri non era la riunione per affrontare la questione. “È qualcosa che rientra nelle competenze del Consiglio Affari generali che sarà a dicembre”, ha ricordato Mogherini. Insomma si tornerà a parlarne ancora.