Roma – Di fronte al referendum costituzionale del prossimo 4 dicembre, il governo si trova davanti a un paradosso: non può non sostenere la riforma fortemente voluta dal presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ma allo stesso tempo questo sostegno indebolisce il consenso al fronte del Sì. È la situazione che emerge da uno studio realizzato dall’Istituto universitario europeo insieme con l’Università di Zurigo e l’istituto di ricerca Swg, su un campione rappresentativo di elettori italiani con accesso a internet e che si è svolto tra il 5 ottobre e il 3 novembre scorsi.
Dividendo gli intervistati in due gruppi di circa 200 persone, gli analisti hanno chiesto il parere su alcune delle modifiche contenute nelle riforma. Al primo gruppo, definito “di trattamento”, è stato ricordato che a proporre la riforma è stato il governo Renzi, mentre tale indicazione non era presente nel questionario sottoposto al secondo gruppo, quello di controllo. “La comparazione fra i due gruppi mostra che in media, il gruppo di trattamento è meno favorevole alla riforma rispetto al gruppo di controllo. Questo indica”, concludono gli analisti dell’Eui, “che il favore degli elettori per la riforma cala quando la riforma viene esplicitamente associata al Governo”. Su una scala da uno a 10, il supporto verso la riforma si colloca in media poco sotto il 5 per il gruppo di controllo, mentre passa a 4 se la riforma viene associata all’esecutivo.
Quanto sia legato il sostegno alla riforma con il giudizio politico sul governo diventa ancora più evidente se si analizza il legame tra la fiducia riposta in Renzi e l’orientamento di voto al referendum. Tra chi ha una bassa fiducia nei confronti dell’attuale premier il No si attesta al 72%, con un 18% di indecisi e un 10% di Sì. Tra coloro che invece hanno un’alta fiducia nell’inquilino di Palazzo Chigi, il Sì sta all’83,6%, con un 9,9% di indecisi e un 6,5% di contrari alla riforma.
Secondo la ricerca, tra coloro che hanno già maturato l’intenzione di voto, il 56% metterebbe una croce sul No al referendum costituzionale del 4 dicembre, mentre il Sì è al 44%. Circa un quinto degli intervistati, tuttavia, ha ancora le idee poco chiare sul voto. Si tratta di un bacino di elettori in grado di spostare gli equilibri, e sul quale il fronte del Sì sembra poter contare per ribaltare gli attuali pronostici. Tra gli indecisi, rileva infatti lo studio dell’Eui, solo il 21% è più orientato a bocciare la riforma costituzionale, mentre il 39% la vede positivamente e il 40% si mantiene neutrale.
Tra gli argomenti più apprezzati a sostegno delle riforma spiccano la velocizzazione dell’iter legislativo e la riduzione dei costi della politica, due delle conseguenze indicate dal fronte del sì come effetto del superamento del bicameralismo perfetto. Tuttavia, il nuovo assetto che si determinerebbe tra Camera e Senato è anche il tema sul quale si focalizzano le principali riserve di chi sostiene il No, ovvero l’assenza di una elezione diretta dei senatori e l’accentramento di potere verso il partito più forte. Da segnalare che la metà di chi è contrario alla riforma avrebbe preferito l’abolizione totale del Senato.