Bruxelles – Dopo mesi di dubbi solo sussurrati, ormai la questione è apertamente sul tavolo. Ha davvero senso continuare a portare avanti i negoziati per l’accesso della Turchia all’Unione europea quando è chiaro che ogni azione, decisione o proposta di legge di Recep Tayyp Erdogan va esattamente nella direzione opposta a quella raccomandata dall’Unione? A costringere ad affrontare il problema è l’annuale report della Commissione europea sui progressi compiuti dagli Stati candidati all’adesione. Una relazione che, nel caso della Turchia, si riassume in una parola: arretramento. Leggi che contravvengono agli standard europei sui diritti fondamentali e lo stato di diritto, grave deterioramento della sicurezza, passi indietro sull’indipendenza del sistema giudiziario, corruzione diffusa in diversi settori, mancata garanzia dei diritti umani, peggioramenti sulla libertà di espressione e di associazione: Bruxelles è costretta a registrare note dolenti in quasi tutti i settori.
“Non possiamo nascondere che ci sono stati passi indietro sui diritti fondamentali e sullo stato di diritto, in particolare al funzionamento del sistema giudiziario e della libertà di espressione”, ha ammesso il commissario europeo alle politiche di Vicinato, Johannes Hahn aggiungendo che in particolare le misure prese dopo il tentativo di colpo di Stato di luglio “hanno dato origine a serie preoccupazioni”. Le azioni degli ultimi mesi “inclusa la valutazione sulla reintroduzione della pena di morte, sembrano sempre più incompatibili con il desiderio ufficiale della Turchia di diventare un membro dell’Unione europea”, ha continuato Hahn. E allora che fare dei negoziati per l’adesione? “Sono ancora convinto che i negoziati per l’adesione siano la migliore opportunità per fare progressi”, risponde Hahn ma “la palla – aggiunge – è nelle mani della Turchia e loro sono i responsabili di prendere le decisioni sul futuro. Ci devono dire cosa vogliono fare e spiegarlo ai loro cittadini”.
Intanto a stabilire se occorre rivedere la posizione dell’Europa saranno le ventotto capitali: “Noi abbiamo fatto un’analisi fattuale della situazione, ora sta agli Stati membri tirare le conclusioni”, cosa che dovrebbe avvenire, spiega il commissario Hahn, alla riunione dei ministri degli Esteri di dicembre dove una decisione dovrà essere presa all’unanimità. “Devono discutere e decidere”, insiste il commissario chiedendo “un chiaro mandato per discutere con gli amici turchi”. Arriva un momento, spiega Hahn, “in cui le discussioni tra partner e amici sono necessarie ma ci deve essere un mandato chiaro da parte degli Stati”.
Quello che sembra certo è che non sarà Ankara a togliere le castagne dal fuoco per l’Ue ritirando la sua domanda di adesione. Anzi, i toni della leadership turca sono di aperta sfida. “Dicono sfacciatamente e senza vergogna che l’Ue dovrebbe rivedere i suoi negoziati con la Turchia”, commenta da Istanbul Recep Tayyp Erdogan: “Siete in ritardo, rivedeteli il prima possibile. Ma non li riesaminateli solo, prendete una decisione finale”, sfida Bruxelles il presidente turco. Poi il solito ricatto sui rifugiati che la Turchia sta ospitando al posto dell’Europa: “Sapete quei tre milioni di rifugiati in Turchia? Dicono che c’è un problema. E cosa succederebbe se i negoziati finissero e aprissimo i cancelli, dove metterebbero quei tre milioni di rifugiati? Questa è la loro preoccupazione. Ecco perché non possono arrivare al punto”. Stesso messaggio dal ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu: “Prendete una decisione, fratelli!”, ha mandato a dire all’Unione europea. “Se volete che i negoziati finiscano, allora fermateli. Se volete continuare noi siamo prnti ma dovete trattarci come un partner alla pari. Non possiamo andare avanti fino a che ci vedete come un Paese di secondo livello”.
Su cosa bisognerebbe fare ha le idee chiare una parte del Parlamento europeo a cui oggi Hahn a presentato il report sui progressi della Turchia. Per Socialisti, Alde, Verdi e sinistra radicale i negoziati per l’accesso andrebbero congelati: “Anche se il gruppo S&D rimane impegnato a tenere la Turchia ancorata all’Ue, crediamo anche che si debbano trarre conseguenze politiche dalla situazione attuale”, dichiara a nome dei socialisti l’eurodeputata, Kati Piri: “Il governo di Ankara – dice – sta chiudendo la porta all’Unione europea con le azioni. In reazione, l’Ue deve immediatamente congelare i negoziati di accesso fino a che il governo turco non ritorna sul sentiero del rispetto dello stato di diritto e dei diritti umani”.