Roma – Per fronteggiare la crisi e la disoccupazione,in Italia c’è chi si ingegna pensando di trasformare la propria abitazione in un “home restaurant”, somministrando al pubblico cibi e bevande avvalendosi della propria organizzazione familiare e utilizzando parte dei locali della casa in cui abita, sia essa di proprietà o in locazione. Una attività, chiamata anche Social eating, “innovativa che potrebbe permettere lo sviluppo dell’economia in molte regioni della nostra penisola e soprattutto in quelle del Mezzogiorno- sostiene l’on. Antonino Minardo, area popolare-. Si tratta di un’attività che può offrire ai turisti, e non solo, un servizio tipico valorizzando, al contempo, il patrimonio enogastronomico locale, nonché favorendolo sviluppo di nuova occupazione”, insiste il parlamentare che si è fatto promotore di una legge per lanciare, appunto, l’home restaurant, attualmente all’esame della commissione Attività produttive della Camera, che ha già esaminato una settantina di emendamenti e integrazioni.
Ovviamente i locali destinati a questa attività devono avere i necessari requisiti igienico-sanitari, così come chi esercita la ristorazione deve essere in possesso dell’attestato HACCP in materia di sicurezza alimentare. L’attività di home restaurant non richiede il cambio di destinazione d’uso dell’abitazione: è sufficiente segnalare l’inizio dell’attività e poi il Comune effettuerà i sopralluoghi. Ai fini fiscali e previdenziali si applica la normativa per le attività saltuarie.
Minardo non ha dubbi: questa proposta “rappresenta per molte casalinghe, ma anche per molti giovani, una grande opportunità perché permette con minimi investimenti di esercitare un’attività che può rappresentare un volano per l’economia e per l’occupazione”.
Ma forse non ha messo in conto le prevedibili reazioni, critiche, resistenze e obiezioni dei titolari di ristoranti, osterie, fraschette e, in genere, locali pubblici di ristorazione.