Fin dall’inizio della crisi finanziaria nel 2008, un intenso dibattito ha attraversato l’Europa, sfidando le priorità delle politiche ufficiali. È stata infatti la società civile europea a dare voce alla domanda di mettere uno stop alle politiche di austerità, con l’obiettivo di promuovere politiche di uguaglianza, di inclusione sociale e di benessere, ed ambientalmente sostenibili. Un largo e variegato insieme di proposte e analisi, a cui il nuovo rapporto curato da Thomas Fazi per conto di Lunaria e realizzato all’interno del progetto europeo ISIGrowth – How can Europe change? Civil society proposals for policy alternatives on socially inclusive and sustainable growth – prova a dare, per la prima volta, una sistematizzazione, con l’obiettivo di offrirne una analisi integrata e coerente.
Il rapporto passa in rassegna e documenta come la società civile europea ha risposto alla crisi e le proposte politiche che ne sono emerse. Politiche macroeconomiche, tasse, finanza, commercio e investimenti, politica industriale, sostenibilità ambientale, lavoro e salari, disuguaglianze e democrazia: ogni sezione include una analisi critica del tema – dal punto di vista della società civile europea – e una parte dedicata alle proposte che sono emerse.
Alcuni considerazioni finali possono essere tracciate. Innanzitutto la società civile europea dimostra una vitalità intellettuale che meriterebbe di essere riconosciuta e pienamente integrata nel dibattito accademico e politico. Spesso le organizzazioni della società civile europea sono state in grado di anticipare le conseguenze negative di alcune politiche economiche europee con una accuratezza decisamente superiore a quella dimostrata dalle statistiche ufficiali della Commissione europea, della Banca centrale europea o del Fondo monetario internazionale. Tanto è vero che, come ha notato anche Joseph Stiglitz, le critiche della società civile, inizialmente ignorate, sono in alcuni casi poi state condivise dalle organizzazioni politiche ufficiali. Non solo: se prendiamo ad esempio le questioni della sostenibilità ambientale, vediamo che le argomentazioni sviluppate negli anni dalle organizzazioni ambientaliste hanno ottenuto un significativo riconoscimento nell’agenda politica adottata dalla COP21.
Certo: non si può negare che la maggior parte delle proposte censite dal rapporto abbiano avuto una scarsa ricezione da parte dei politici. È vero che le istituzioni europee si sono mostrate sempre più distanti dalla società. Ma questo ha a che fare senz’altro anche con la frammentazione che spesso caratterizza le organizzazioni della società civile e dalla sua incapacità di coordinare le azioni su un livello sia nazionale che europeo.
Colmare la distanza che separa la dimensione istituzionale europea e quella sociale è una delle sfide maggiori che la società civile europea – e l’Europa stessa – deve fronteggiare. Il rapporto di ISIGrowth intende muoversi in quella direzione.