Se fino ad oggi Goro e Gorino erano associate soprattutto alle nostre gustose vongole e al colorito mondo che le circonda, da oggi in poi la loro fama si consoliderà invece nella miserabile immagine delle barricate alzate contro le dodici povere donne scampate all’orrore della tratta di esseri umani per incappare nella crudeltà di persone che non possiamo riconoscere come nostri concittadini.
Proprio queste terre e questa gente, in passato spesso colpita dalla miseria e flagellata dalle rotte di Po, che ha più che mai sofferto dell’emigrazione e che sa cosa vuol dire vivere da sfollati avrebbe dovuto più di ogni altra andare con uno spirito di accoglienza verso persone diseredate e fragili. Dodici donne, fra cui una incinta, con i loro bambini al seguito, non sono un invasione, non sono neanche una migrazione. Accoglierle sarebbe stato solo umano, ordinaria ospitalità, addirittura neanche qualcosa di eccezionale. Poteva essere una festa, un’occasione per dare un poco di calore a gente che ha tanto sofferto. È diventata invece una giornata della vergogna.
Le barricate nel nostro immaginario collettivo si associano sempre a rivolte contro oppressori e despoti, a lotte per nobili ideali e conquiste sociali. Oggi il quadro si inverte e i giusti si ritrovano dalla parte sbagliata delle barricate. E già questo dovrebbe farci riflettere.
Ma la cosa più spaventosa è che chi ha innalzato le barricate per fermare il convoglio delle donne africane è gente come noi. Non sono skin-heads, né teppisti, né black-block, né i terroristi islamici di cui abbiamo tanta paura. No, solo gente comune. Gente senza cuore, incapace di solidarietà e altruismo. Egoisti aggrappati al loro piccolo possesso, sicuri di poter fare a meno degli altri, di bastare a se stessi e di non dovere nulla a nessuno. Come ce ne sono tanti in Europa oggi, fra Ungheria e Austria, fra Slovacchia e Polonia. Tutta gente svelta a chiedere, molto meno a dare. Forse i goranti che hanno affollato i bivacchi lungo la strada per impedire il passaggio delle dodici migranti sono poi gli stessi pescatori che usufruiscono degli aiuti strutturali alla pesca dell’Unione europea. Ricevono dalle nostre tasche 537 milioni di euro di aiuti, con sostegni individuali che vanno fino a 75.000 euro. Tutta gente che senza gli aiuti europei non potrebbe vivere, non potrebbe lavorare, avere una casa, mandare i propri figli a scuola. Tutta gente che ieri ha negato a dodici povere donne e ai loro bambini un riparo provvisorio in un ostello.
Sciascia ha scritto che le più grandi piramidi di infamia spesso si costruiscono su tanta gente comune che compie onestamente il proprio lavoro senza rendersi conto di quel che accade attorno a loro. Ieri con le barricate di Gorino abbiamo tutti tirato un po’ più in alto la nostra piramide di infamia. Perché i fatti di Gorino ci riguardano tutti, anche noi che siamo stati fermi, che non siamo andati a sfondare quelle barricate, che abbiamo pensato che la faccenda non ci riguardasse.
Passerà il tempo ma la macchia delle barricate di Gorino non si spegnerà nella nostra memoria collettiva. Soprattutto, le immagini di violenza e di odio rimarranno per sempre negli occhi di quei bambini e delle loro madri. Loro non dimenticheranno quel giorno sull’argine del Po in cui sono stati scacciati con odio come se fossero bestie immonde. Ci pensino stasera i goranti quando si ritroveranno al loro bar, così eroicamente salvato da un’orda di sporchi negri.