Bruxelles – Il 2016, non ancora terminato, si è già attestato come l’anno più mortale di sempre per i migranti che tentano di attraversare il Mediterraneo e giungere in Europa: rispetto allo scorso anno, le morti in mare sono addirittura triplicate. A fare il triste bilancio è l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, secondo cui nei primi dieci mesi di quest’anno hanno perso la vita cercando di raggiungere le coste europee già 3.740 migranti, una cifra ormai vicinissima a quella dei morti registrati in tutto il 2015, quando si era raggiunto quota 3.771. Ad una lettura superficiale del dato si potrebbe pensare che i numeri, già elevatissimi, di chi non ce l’ha fatta siano rimasti costanti, ma purtroppo la realtà è ancora peggiore. Occorre infatti rapportare il numero delle vittime a quello di chi ha tentato la traversata: lo scorso anno ci provarono in oltre un milione, quest’anno soltanto in 327.800. Nel 2016, quindi, il numero delle vittime dei viaggi della speranza è triplicato. “Da una morte ogni 269 arrivi lo scorso anno, nel 2016 la probabilità di morire è balzata a uno su 88”, spiega il portavoce dell’Unhcr, William Spindler sottolineando: “Questo è il peggio che abbiamo mai visto”. Il dato peggiora ancora se si guarda solamente la cosiddetta rotta del Mediterraneo centrale, quella che dalla Libia conduce verso le coste italiane: “Tra la Libia e l’Italia la probabilità di morire è ancora più alta, di una morte ogni 47 arrivi”, calcola Spindler.
Dietro a questa impennata dei viaggi finiti in tragedia, secondo l’Unhcr, molteplici cause: per prima cosa il fatto che circa la metà di quelli che hanno tentato la traversata, lo hanno fatto finora lungo la rotta del Mediterraneo centrale, quella più pericolosa. Inoltre “i trafficanti di uomini oggi usano spesso imbarcazioni di bassa qualità: gommoni gonfiabili fragili che spesso non durano tutto il viaggio e diversi incidenti sembrano essere legati a viaggi con cattive condizioni meteorologiche”, spiega il portavoce Unhcr. E ancora: “Anche le tattiche dei trafficanti stanno cambiando e in diverse occasioni ci sono stati imbarchi di massa di migliaia di persone in una sola volta”, continua Spindler. Condizioni che “rendono il lavoro dei soccorritori più difficile”.