Bruxelles – Coinvolgere i poteri locali nel dibattito europeo è una buona cosa, ma se l’accordo commerciale con il Canada, il Ceta, sarà bloccato per il voto del Parlamento vallone l’Unione europea darà un’immagine di impotenza che peggiorerà il deficit democratico. Lo spiega Mario Telò, noto esperto di questioni europee, professore alle università Luiss (Roma), all’Ulb (Bruxelles, dove è stato anche presidente dell’istituto di studi europei) e membro dell’Accademia reale del Belgio in un’intervista concessa oggi al quotidiano belga Le Soir. Tra l’altro Telò è stato professore di Paul Magnette, ora presidente della regione Vallonia, che fu anche suo assistente universitario.
E ‘normale che una Regione blocchi gli altri Stati membri su un accordo come il Ceta? Da un punto di vista democratico possiamo rallegrarci o no?
Di per sé, la partecipazione delle autorità locali nel dibattito pubblico europeo non è solo una buona cosa, ma ha senso, dal momento che gli accordi internazionali influenzano sempre più la vita di tutte le persone. Questo non è più uno dei vecchi trattati di libero scambio, ma la regolamentazione dei mercati, e più abbiamo più regolazioni e più alta deve essere la legittimità democratica.
Tuttavia, nessun trattato commerciale è stato così ampiamente discusso che il Ceta per 5 anni. La Commissione ha ripristinato un dialogo trasparente con l’opinione pubblica e i Parlamenti avranno l’ultima parola.
E ‘quindi evidente che l’opposizione rigida contro il Ceta oltre le 1.600 pagine di testo (migliore di quello del Ttip in diversi punti): mobilita una retorica ‘democrazia contro tecnocrazia’. Ma attenzione: se peggiora la crisi decisione dell’Ue, la sua immagine di impotenza non farà che peggiorare il suo deficit democratico e rafforzare i populisti, che vorrebbero bloccarlo alzando la bandiera del protezionismo
Il principio dell’unanimità dovrebbe essere sostituito con le decisioni a maggioranza qualificata?
Il Belgio ha sempre chiesto che la votazione a maggioranza sia estesa a nuove aree, ma non possiamo cambiare le regole. Nel contesto attuale, dal momento che il testo è impostato, o il Consiglio europeo autorizza il Consiglio a riconsiderare la definizione di Ceta perché torni ad essere un trattato Ue (e non misto, il che implica l’unanimità) o si rinegozia la Dichiarazione interpretativa dei primi di ottobre. Si possono immaginare le conseguenze di un veto attribuito ai 350 membri del Comitato delle Regioni.
È una delle ragioni per cui l’Europa è in crisi?
Questa nuova crisi si aggiunge a molte crisi europee in corso: la crisi economica e sociale, la crisi migratoria e dei rifugiati, gli attacchi terroristici, l’insicurezza internazionale ai nostri confini. Accanto all’esplosione della destra populista, c’è la rinascita de facto della tradizione di protezionismo della sinistra che ha le sue nobili radici nelle opere di Rousseau, Fichte, Lassalle, Amin… Ma oggi è chiaro che il protezionismo della sinistra ha storicamente ha ovunque fallito e che la leadership del protezionismo è ora chiaramente dell’estrema destra nazionalista, a le Pen, Wilders, Salvini, AFD, Trump ….
Quale alternativa? Le più grandi forze socialdemocratiche, come la Spd o il Sap in Svezia riescono a conciliare l’apertura del commercio, la protezione sociale e l’economia della conoscenza. Partiti e sindacati in Svezia sono a favore di Ceta e Ttip e anche per l’attuazione di politiche pubbliche per la riconversione dei lavoratori inevitabilmente colpiti dalla maggiore concorrenza commerciale.
La mancata approvazione del ceta da parte della Vallonia è un fenomeno isolato o fa parte di un contesto internazionale in rapido cambiamento?
La radicalizzazione anti Ceta è un sintomo, come parte di una diffusa ondata di movimenti estremisti in reazione contro la globalizzazione e i suoi effetti sociali e migratori: vista la situazione di stallo in seno all’Omc (Organizzazione mondiale del commercio), è logico ricercare accordi bilaterali di tipo nuovo tra economie simili e nel reciproco interesse. Se questo percorso è bloccato, si dà ragione al Regno Unito e questo significa che è veramente l’inizio di un’era oscura segnata dal protezionismo, néomercantilismo un feroce competitività commerciale nazionalista. Se non riusciamo nemmeno a raggiungere un accordo entro l’Unione europea su un trattato con un paese simile a noi in termini di cultura ambientale, servizi sociali e pubblici, e governata da un democratico come Trudeau, il segnale è chiaro : qualcosa di grave sta accadendo in Europa.
Un’Europa introversa e protezionista sarebbe condannata all’emarginazione: ogni giorno i rapporti di forza nell’economia globale tra Europa e Paesi emergenti, guidati da Cina, stanno cambiando a favore di questi ultimi. Vogliamo che siano loro da soli a determinare le norme e le regole del commercio globale e degli investimenti?