Bruxelles – Una condanna forte, un appello unanime, ma nessuna riflessione su nuove sanzioni da imporre alla Russia per l’atteggiamento nella crisi siriana. Mentre continua a peggiorare la già disastrosa situazione umanitaria ad Aleppo, l’Unione europea aumenta compatta la pressione su Mosca dando prova di unità e lasciando per il momento fuori dal tavolo quello che potrebbe dividere. I ministri degli Esteri dei Ventotto, riuniti a Lussemburgo, si sono detti “costernati” di fronte al deterioramento della situazione in Siria e non hanno esitato ad attribuire responsabilità precise, al “regime” prima di tutto ma anche “ai suoi alleati, in particolare la Russia”. Questi, hanno scritto i ministri nelle conclusioni della riunione, stanno conducendo “attacchi eccessivi e sproporzionati” che hanno “deliberatamente e indiscriminatamente” colpito “la popolazione civile, il personale umanitario e sanitario e le infrastrutture umanitarie e civili”. Comportamento che l’Ue “condanna fortemente”, sottolineando che i bombardamenti sulla città e l’uso di armi chimiche “possono costituire crimini di guerra”.
L’Unione europea chiede dunque “urgentemente” al regime di Bashar Al-Assad e a Mosca di “porre fine ai voli militari sopra la città di Aleppo”, di “togliere l’assedio”, di mettere in atto “un’immediata cessazione delle ostilità che deve essere monitorata da un meccanismo forte e trasparente” e di “garantire un accesso umanitario pieno e senza ostacoli”. Una richiesta, questa, formulata dai ministri poco prima dell’annuncio di Mosca sull’intenzione di garantire una tregua di otto ore giovedì 20 ottobre per consentire l’evacuazione di malati, feriti e miliziani disposti a ritirarsi da Aleppo. Un annuncio accolto comunque con prudenza dall’Alto rappresentante per gli Affari esteri Ue, Federica Mogherini, che lo ha definito un “passo positivo”, ma ha anche sottolineato che secondo l’ultima valutazione delle agenzie delle Nazioni Unite occorrono almeno 12 ore di tempo per consentire alle associazioni umanitarie di intervenire per alleviare le sofferenze umanitarie.
Quella arrivata oggi dai Ventotto è, secondo il ministro degli Esteri italiano, Paolo Gentiloni, una “presa di posizione politicamente moto forte” per chiedere a Mosca di “esercitare la propria influenza per fermare i bombardamenti su Aleppo est nei prossimi giorni”. Mosca, ha insistito il ministro, “non può sacrificare al sostegno di Assad ogni atteggiamento costruttivo nella crisi siriana” anche perché “il prezzo del sostegno a questa azione veramente indiscriminata e tremenda del regime siriano ad Aleppo est è un prezzo politicamente molto elevato”. Quella politica resta dunque per il momento l’unica arma di pressione di Bruxelles. Escluso invece il ricorso a nuove sanzioni nei confronti di Mosca dopo quelle già imposte per l’atteggiamento russo in Crimea. L’idea di imporre nuove misure “è un’ipotesi che intorno al tavolo dei ministri degli Esteri europei è stata evocata solo per definirla non realistica e non attuabile da parte di tutti, inclusi coloro che magari la considererebbero positivamente”, ha riportato Gentiloni a fine riunione sottolineando che anche i Paesi più inclini a sanzionare Mosca “si rendono conto che non ce ne sono le condizioni”.
Sulla possibilità di nuove sanzioni nei confronti della Russia l’Ue rimane in effetti per ora divisa. Il britannico Boris Johnson, fresco di colloqui nel weekend con il segretario di Stato americano, John Kerry, ha ventilato la possibilità che Londra possa imporre sanzioni nei confronti dei sostenitori del regime di Assad, pur senza nominare direttamente la Russia. Per il francese, Jean-Marc Ayrault “la pressione sulla Russia deve essere forte”, mentre lo spagnolo, Jose Manuel Garcia-Margallo, ha dichiarato che la Spagna sarebbe pronta a supportare la necessità di sanzioni nei confronti di Mosca se questo “portasse le posizioni della Russia più vicine alle nostre”. Dall’altro lato il ministro degli Esteri austriaco, Sebastian Kurz ha definito “sbagliata” l’idea di nuove misure chiarendo: “Non vogliamo un’ulteriore escalation”. Così anche la Grecia, Cipro e l’Ungheria, i Paesi più vicini alla Russia, paiono non vedere di buon occhio la possibilità.
Quello su cui invece sono tutti d’accordo è la possibilità di imporre “rapidamente” nuove sanzioni mirate nei confronti di individui ed entità siriane che sostengono il regime di Bashar Al-Assad. Regime che, hanno chiarito i ventotto nelle conclusioni, non può fare parte del futuro della Siria: “Non ci può essere una pace durevole in Siria sotto il regime attuale”, recitano le conclusioni approvate dai ministri, sottolineando che “solo dopo una transizione politica inclusiva l’Ue potrà assistere nella ricostruzione del Paese direttamente e attraverso organizzazioni internazionali”. Un momento, quello della ricostruzione, che ancora sembra lontano ma a cui l’Ue vuole cominciare a pensare. “L’Unione europea – ha annunciato Mogherini – inizierà dialoghi con attori chiave della regione sulla fase post conflitto”. Si parla di Arabia Saudita, Iran, Turchia, m anche altri Paesi della regione. “So che sembra irrealistico ma abbiamo un’agenda positiva da costruire”, ha sottolineato l’Alto rappresentante, secondo cui questo “può aiutare anche le parti a vedere un terreno comune su cui impegnarsi nei negoziati”.