Bruxelles – La Francia ha aperto la prima “stanza del buco”, un luogo dove i tossicodipendenti possono consumare dosi limitate di stupefacenti ma sotto il controllo di medici. L’idea è quella di evitare che persone con problemi di tossicodipendenza finiscano sui marciapiedi e incorrano in maggiori rischi. L’idea è molto controversa e anche in Italia è arrivata la proposta per l’introduzione delle “stanze salva vita e da iniezione”, in particolare a Milano, con una mozione a una delibera comunale del 2014 di cui era primo firmatario l’allora consigliere comunale radicale Marco Cappato. Europarlamentare dal 1990 al 2004 e poi nel 2006 con la lista “Emma Bonino”, l’attuale presidente dei Radicali Italiani è anche promotore del Congresso mondiale per la libertà di ricerca e della campagna Eutanasia legale.
Cos’è una “stanza del buco”?
Un luogo dove chi consuma droghe lo può fare in condizioni più sicure sul piano igienico-sanitario. Meglio chiamarle “stanze salvavita da iniezione”, perché questo sono.
A che punto è la proposta per istituire a Milano le “stanze salvavita da iniezione, per un servizio di riduzione dei danni sanitari e sociali legati al consumo di stupefacenti”?
La proposta è bloccata. La politica è poco coraggiosa, anche quella che sulla carta sarebbe “progressista”.
Cosa risponde a chi le dice che con questa iniziativa “volete aiutare i drogati”?
Sì, li vogliamo aiutare a vivere. Voi invece preferite che muoiano?
Come vive oggi un tossicodipendente in Italia e come vive in Europa?
In Italia vive spesso come un mezzo criminale, quando invece potrebbe avere una vita più normale se non dovesse rivolgersi alla criminalità per reperire le sostanze stupefacenti, e se potesse consumarle riducendo i rischi sanitari e sociali (per sé e per gli altri).
Cosa può fare l’Unione europea in tema di tossicodipendenza?
Legalizzare le droghe è la strada maestra, che compete agli Stati nazionali. Ridurre il danno, anche attraverso le stanze salvavita da iniezione, sarebbe comunque positivo. L’Unione europea può promuovere politiche sanitarie avanzate e operare affinché siano riviste le convenzioni Onu che da decenni impongono nel mondo la “Guerra alle droghe”, che in realtà è guerra ai cittadini e alle loro libertà.
Qual è il rapporto tra responsabilità e libertà nel concedere uno spazio a una pratica socialmente condannata?
Dobbiamo semplicemente scegliere se è meglio che questa pratica avvenga clandestinamente -provocando più malati e più morti- oppure in un contesto il più possibile legale. Se tutte le pratiche “socialmente condannate” (sorvolando per un attimo sulla soggettività di questo concetto) fossero vietate, bisognerebbe chiudere tanti “spazi”. Non è questo il compito dello Stato.