Roma – Lo scorso vertice europeo di Bratislava “ha portato a poco più di niente”, e dal “documento banale” che ne è venuto fuori è emerso un “frenetico immobilismo” sulla gestione comune delle politiche migratorie. Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, prende a prestito un’espressione del sociologo tedesco Jurgen Habermas per denunciare lo stallo in cui si trova attualmente l’Unione europea. Di fronte a questa inerzia, avverte intervenendo in Parlamento per le consuete comunicazioni in vista del prossimo Consiglio europeo del 20 e 21 ottobre, “se da qui al prossimo anno il dibattito fosse solo sull’articolo 50” dei trattati e su come attivare la Brexit, “ulteriore tempo sarebbe gettato via in un momento storico in cui tempo da perdere non ne ha nessuno”.
Renzi indica invece che serve “un percorso inedito” per far avanzare il progetto di integrazione europea, e ritiene che le celebrazioni che si terranno a marzo 2017 a Roma, per il 60° anniversario dei trattati istitutivi del nucleo dell’attuale Unione europea, siano “il punto d’arrivo di questo percorso”. L’appuntamento costituisce “uno spartiacque” e rappresenta “un’opportunità tanto per chi vuole proseguire” sulla strada dell’integrazione, quanto “per chi intende criticare il progetto europeo”.
Nell’ottica di dare una svolta all’attuale assetto dell’Ue, il premier invita ad “ascoltare il Parlamento europeo”. Proposte come quelle nate sulla spinta degli eurodeputati Elmar Brok o Guy Verhofstadt, secondo l’inquilino di Palazzo Chigi dimostrano che l’Europarlamento ha ben compreso che “l’Europa è a un bivio e stavolta rischia sul serio”, così “ha smesso le casacche” di partito per avanzare proposte che diano una spinta al cammino comune.
E a proposito di proposte, Renzi rilancia l’idea di penalizzare i Paesi membri che si rifiutano di dimostrare solidarietà attuando le decisioni prese in materia di redistribuzione dei richiedenti asilo. “Nei prossimi mesi torneremo a discutere di Bilancio europeo e di come dividerlo”, ricorda il premier, il quale chiede al Parlamento, incluse le opposizioni, di condividere l’impostazione di “una linea di durezza”, per andare in Consiglio a “dire che il bilancio Ue che partirà dal 2020 dovrà far riferimento a chi esprime solidarietà e chi no” sull’accoglienza dei rifugiati.
Nell’intervento del premier c’è anche la partita che il governo sta giocando con Bruxelles a proposito delle cifre per la manovra di bilancio che verrà presentata sabato prossimo. La contesa riguarda lo scorporo delle spese per migranti e terremoto dal Patto di stabilità. Per spuntarla, Renzi sottolinea che “l’Italia è il Paese con la rotta di discesa del deficit più significativa, rispetto ad altri Paesi citati come punto di riferimento della crescita”, e che “un conto è riuscirci con un rapporto deficit/Pil al 2,4%, un conto è con il 5,1%, e ogni riferimento alla Spagna è puramente voluto”.
Voluto e non casuale, dal momento che proprio la Spagna, insieme con il Portogallo, è stata di recente ‘graziata’ per il deficit eccessivo. È chiaro che il premier si attende un trattamento analogo da Bruxelles, e per questo, ad esempio, conferma che sulle spese che serviranno all’adeguamento sismico degli edifici scolastici “non c’è discussione”.
Secondo Daniele Viotti, eurodeputato Pd e membro della commissione Bilancio, “l’Europa non può punire solo chi sfora assurdi vincoli economici e lasciare campo libero a populisti come Òrban o il governo polacco, il Parlamento e la Commissione Europea lo sostengono da anni, speriamo che diventi un tema del prossimo Consiglio Europeo e che Renzi cominci a insistere sul punto”. Per Viotti “Renzi ha ragione, durante i negoziati per il prossimo bilancio il tema della solidarietà dovrà essere sul tavolo”.