Bruxelles – Cosa pensiamo quando parliamo di fondi strutturali europei? Troppo spesso vengono in mente scandali di corruzione e frode per accaparrarsi i soldi giunti in Italia da Bruxelles. Si pensi al caso del “terremoto dell’Aquila in cui i 493 milioni di euro stanziati dall’Europa, secondo una relazione della Corte dei Conti europea, sono finiti per la maggior parte nelle mani della criminalità organizzata, oppure il caso dei fondi europei destinate alle infrastrutture in Puglia e che dopo la tragedia dello scontro dei treni si è scoperto non erano mai stati utilizzati”. Lo ha ricordato l’europarlamentare Pd, gruppo S&D, Michela Giuffrida della Commissione per lo sviluppo regionale, che ha organizzato un incontro sui fondi strutturali della politica di coesione europea presso il Parlamento europeo.
Quanto, tuttavia, le frodi sui fondi strutturali sono reali e quanto sono frutto di pregiudizio? Esiste la frode reale, ma anche quella percepita, soprattutto in Italia dove sono molti i casi registrati di mancato uso dei fondi, di irregolarità generiche come i progetti scritti e fatti male, che è una cosa distinta dalle vere e proprie frodi, cioè irregolarità che costituiscono reato.
Nel 2015 sono state riferite negli Stati membri 22.349 irregolarità per un importo totale di 3,21 miliardi di euro di fondi europei, il 36% in più rispetto all’anno precedente, ma solo 1.461 di queste sono state segnalate come frodi, meno del 7%, con un calo dell’11% rispetto al 2014. Nonostante una diminuzione del 30%, è l’agricoltura e in particolare il settore dello sviluppo rurale ad aver registrato nel 2015 il maggior numero di irregolarità. Esistono, tuttavia, poche irregolarità accertate rispetto a quelle segnalate. “In Italia le due regioni del Lazio e della Sicilia registrano il più alto livello di sospetti di frode”, ha spiegato il direttore del Dipartimento delle politiche regionali (Regio), Franck Sebert che ha aggiunto come “ogni singolo caso di frode ha un effetto negativo non solo sull’Unione europea, ma sulla reputazione delle istituzioni”.
A pesare sull’uso dei fondi strutturali della politica di coesione è anche l’opinione che di essi hanno i cittadini europei, nonché contribuenti dei fondi strutturali, e gli Stati membri. Per Giovanni Kessler, direttore dell’Olaf, l’ufficio europeo antifrode, esistono alcuni “stereotipi nazionali per cui alcuni Paesi puntano il dito contro altri dicendo ‘noi siamo quelli che mettiamo i soldi e voi li spendete male o non li spendete”.
I fondi di coesione dell’Unione europea rappresentano circa un terzo del bilancio dell’Unione, tra Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr), Fondo di coesione (Fc) e il Fondo sociale europeo (Fse). Attualmente, per la nuova programmazione 2014-2020 sono stati stanziati 44 miliardi di euro, di cui 32,2 miliardi derivano dai fondi di coesione (20,6 miliardi dal Fesr-Fondo europeo di sviluppo regionale, 10,4 miliardi dal Fse-Fondo sociale europeo, 1,1 miliardi per la cooperazione territoriale europea e 567 milioni della Yei, l’iniziativa a favore dell’occupazione giovanile) che si vanno a sommare ai 10,4 miliardi del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (Feasr) e ai 537 milioni del Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (Feamp).
“Si tratta di fondi che oggi sono fondamentali, perché sono gli unici che permettono a livello nazionale e regionale di fare investimenti che altrimenti non ci sarebbero”, ha dichiarato Kessler. Documenti, richieste di aiuti e dichiarazioni false o falsificate sono le irregolarità più frequenti che l’Olaf a livello europeo e le autorità nazionali di controllo hanno trovato nei progetti di finanziamento che arrivano a Bruxelles dalle regioni e dagli Stati.
“I numeri ci dicono che le frodi sui fondi strutturali non sono la maggioranza dei casi, le irregolarità più comuni riguardano errori dovuti alle difficili pratiche burocratiche europee, per questo in Parlamento europeo insistiamo molto nel chiedere alla Commissione una importante semplificazione”, ha dichiarato Giuffrida.
Tuttavia, non tutte le irregolarità segnalate sono riconosciute come casi di frode accertata: tra il 2011 e il 2015, solo il 7% di tutte le irregolarità segnalate come frode sono riconosciute come tali. L’Italia è tra i tre paesi europei, con Germania e Polonia che ha registrato il più alto numero di procedure di frode accertata. Eppure il fatto che siano stati individuati più casi di frodi non significa automaticamente che ci siano state più frodi in uno Stato membro rispetto ad altri. “Non esiste un paese particolarmente virtuoso rispetto agli altri da prendere da esempio”, ha ricordato David Sassoli, vicepresidente del Parlamento europeo.
Molto dipende dalle diverse politiche di contrasto al crimine finanziario che ogni Paese mette in campo. “L’Italia ha un buon sistema di controllo, investigativo e repressivo”, ha chiarito Kessler, “ma non tutti i paesi hanno le stesse capacità di controllare, né i controlli sono onesti dappertutto”. Un controllo efficace significa trovare irregolarità che portano a dover restituire i fondi che sono stati concessi e non tutti i paesi sono felici di restituire i soldi avuti. Olaf nel 2015 ha chiesto nel complesso ai Paesi beneficiari di restituire 888 milioni di euro a causa delle irregolarità scoperte, di questi oltre 624 erano fondi strutturali”, ha spiegato Kessler.
Un paese con più frodi non è per forza di cose un paese più disonesto. “Il numero più alto di casi segnalati non si traduce in più irregolarità commesse, ma può dipendere da un numero più alto di controlli o da controllori meglio addestrati e formati”, ha spiegato Francesco Attardi, a capo dell’Afcos Italia, il servizio nazionale antifrode, “L’Italia è conosciuta dall’Olaf per le best practices in tema di contrasto alle frodi”.
L’approccio con cui si tende a classificare gli Stati membri in luoghi più o meno virtuosi dell’Unione non è totalmente corretto se si parla di frodi finanziarie. Anche perché, come ha ricordato Kessler, “i crimini economici sono sempre più di carattere transnazionale, sono sempre più europee e meno nazionali”.