Bruxelles – Pochi giorni fa, un accordo tra Bruxelles e Kabul per aumentare i rimpatri dei profughi afghani a cui è stato negato il diritto d’asilo nell’Unione europea. Oggi, 5 miliardi di euro di aiuti per l’Afghanistan da Unione europea e Stati membri. A voler essere sospettosi, si potrebbe pensare ad un nesso tra la disponibilità del governo afghano a riprendersi i migranti e la generosità dell’Unione europea, che alla Conferenza internazionale sull’Afghanistan di oggi a Bruxelles, ha fatto la parte del leone, mettendo sul piatto 5 miliardi di euro di aiuti sui 13,6 miliardi offerti complessivamente dalle oltre 75 nazioni presenti. Si potrebbe pensare a un legame del tipo “niente rimpatri, niente aiuti”. A Bruxelles nessuno la mette in questo modo e anzi tutti si affannano ad assicurare il contrario. Per prima lo fa l’Alto rappresentante per gli Affari esteri dell’Unione europea, Federica Mogherini, che ripete instancabile: “Non c’è mai, mai, un legame di condizionalità tra i nostri aiuti allo sviluppo e qualunque cosa facciamo sull’immigrazione”, anche perché l’accordo firmato pochi giorni fa “è stato il risultato di un processo parallelo, separato da questo”.
Eppure c’è chi un legame tra l’impegno di Kabul sui rimpatri e gli aiuti, lo vede chiaramente. È il caso del ministro degli Esteri tedesco, Frank-Walter Steinmeier: la Germania ha messo sul tavolo 1,7 miliardi di euro per i prossimi 4 anni ma chiarendo che “l’appoggio è condizionato a risultati ampi e tangibili sul programma di riforme, specialmente nella lotta alla corruzione e nell’ambito dell’immigrazione e dei rimpatri”. Una precisazione non casuale visto che la Germania è il Paese europeo che si è trovata ad accogliere la fetta più alta di profughi arrivati dall’Afghanistan.
Quelli che non hanno il diritto di rimanere in Europa dovrebbero iniziare ad essere rimpatriati molto più rapidamente, grazie all’intesa firmata domenica a Kabul. L’accordo prevede una maggiore collaborazione sui ritorni da parte del governo afghano, che si impegna ad emettere passaporti validi per i profughi che debbano essere rimpatriati dall’Ue entro un periodo massimo di un mese e ad esplorare, insieme a Bruxelles, la possibilità di aprire addirittura un terminal all’aeroporto di Kabul specificamente dedicato ai ritorni. Unico limite: i ritorni non volontari non dovrebbero superare i 50 per volo nei primi sei mesi dall’entrata in vigore dell’intesa.
A preoccupare l’Italia non è tanto che l’Afghanistan mantenga gli impegni sui ritorni ma soprattutto che dimostri l’efficacia degli aiuti per la popolazione civile, soprattutto “nei confronti delle donne e dei bambini, nel settore dell’educazione che sono i settori che ci preoccupano di più”, spiega il viceministro agli Esteri italiano, Mario Giro. L’Italia, annuncia il vice di Paolo Gentiloni, ha confermato lo stesso livello di assistenza offerta quattro anni fa in occasione della conferenza dei donatori di Tokyo: 182 milioni in quattro anni. Il Regno Unito ha messo a disposizione 750 milioni, la Francia 100 per i prossimi cinque anni, i Paesi Bassi 240 milioni. Gli Stati Uniti hanno confermato lo stesso livello di assistenza degli ultimi anni, circa 895 milioni di euro l’anno (un miliardo di dollari).
Ma oltre alla spinta economica, dalla Conferenza di Bruxelles arriva anche un tentativo di rilancio del processo di pace in Afghanistan dopo 40 anni di conflitto. Il segretario di Stato americano, John Kerry ha invitato i talebani a trattare una pace “onorevole” col governo di Kabul, e anche Mogherini ha insistito sulla necessità “di un processo interno di riconciliazione dal punto di vista politico”. Alla vigilia della conferenza, l’Alto rappresentante ha anche riunito a Bruxelles “i principali attori regionali, dalla Cina, all’India, al Pakistan insieme al Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon e a John Kerry”. L’obiettivo, ha spiegato, quello di “costruire un percorso di sostegno politico regionale al processo di pace e di riconciliazione dell’Afghanistan che includa anche un dialogo con i talebani”.