Bruxelles – Non basta essere contro la pena di morte, bisogna evitare in ogni modo che possa essere praticata. Per questo il Parlamento europeo ha chiesto di mettere al bando ogni forma di pubblicità, commercializzazione on line e vendita, nonché di rafforzare il monitoraggio sul transito delle attrezzature utilizzate per le esecuzioni capitali o forme di tortura.
Approvando in prima lettura un aggiornamento del “regolamento anti-tortura” del 2005, il Parlamento ha stabilito che non potranno più essere pubblicizzati o esportati verso Paesi terzi prodotti come sedie elettriche, sistemi di iniezione di droga automatici, viti a spillo, manganelli a spillo, scudi a spillo e manette dentate da applicare ai pollici. “Merci che non hanno motivo di esistere in una società civilizzata”, ha dichiarato la commissaria al Commercio Cecilia Malmström che ha ricordato che “attualmente questi oggetti vengono esportati in Paesi che hanno la pena di morte come Arabia Saudita, Cina e Stati Uniti”. Il testo ora dovrà essere negoziato con il Consiglio prima dell’approvazione definitiva.
L’Assemblea di Strasburgo, con 612 voti favorevoli, 11 contrari e 54 astensioni, ha inoltre introdotto un sistema di monitoraggio del commercio di prodotti progettati per altri scopi, ma che potrebbero essere utilizzati come strumenti di tortura o per la pena capitale. È il caso di alcuni oggetti utilizzati dalla polizia come il teaser, il manganello elettrico, poi convertiti in strumenti di tortura, o anestetici utilizzati di solito per interventi chirurgici, ma che rischiano di finire nelle siringhe destinate ai detenuti condannati a morte. Alcune aziende, prima ancora dell’introduzione del divieto europeo, si erano rifiutate di contribuire anche se in maniera indiretta, alla pena di morte. L’azienda americana Hospira ha annunciato nel 2011 la sospensione della produzione di sodio tiopentale “in quanto non possiamo evitare che esso venga utilizzato nei casi di pena di morte”.
Non si tratta di un semplice divieto commerciale, ma di un preciso atto politico dell’Unione europea. “Il commercio è uno strumento fondamentale di politica estera e la nostra decisione rappresenta un importante messaggio verso paesi esteri come l’Arabia Saudita”, ha dichiarato in conferenza stampa la relatrice per l’Aula Marietje Schaake del gruppo dei Liberali Alde.
Dopo un primo aggiornamento delle norme Ue in materie nel 2014 con cui è stato ampliato l’elenco delle merci soggette a controllo e imposto un primo divieto d’esportazioni, oggi il Parlamento ha introdotto maggiori restrizioni in tema di marketing e promozione, transito, che ha subito alcune particolari restrizioni. “Con le nuove norme possiamo valutate alcune merci e le relative licenze”, ha spiegato Schaake, “per cui le aziende che vogliono esportare certi prodotti devono ottenere l’autorizzazione ed essere sottoposte a una valutazione particolareggiata, senza voler con questo ostacolare le attività commerciali legittime”. Come ha ricordato l’europarlamentare dei Socialisti e Democratici Martin David, “il commercio non è il fine in sé, ma uno strumento che migliora la vita delle persone. L’Unione europea può e deve usare il suo potere commerciale per promuovere i diritti umani”. La strada verso un mondo senza tortura e pena di morte “è ancora lunga, tuttavia con la decisione di oggi abbiamo fatto un passo avanti verso quella direzione”, ha aggiunto Barbara Lochbihler, portavoce per i Verdi sui diritti umani.
L’aggiornamento del regolamento del 2005 era stato reso necessario anche dopo le critiche al fatto che non alcune “scappatoie” che hanno permesso il commercio, l’intermediazione, e la pubblicità di tali beni. Le nuove norme, secondo la Commissione, permettono di evitare che si possano ripetere alcune scappatoie legali, che tramite l’uso di fiere ed esposizioni in cui pubblicizzare i prodotti, negli anni hanno permesso alle aziende di trovare degli excamotage per commercializzare prodotti vietati.
Per questo il testo approvato dal Parlamento prevede da un lato l’istituzione di un team di esperti che monitori l’applicazione delle norme e, dall’altro, l’obbligo per la Commissione di analizzare l’attuazione del regolamento e riferirne all’assemblea di Strasburgo entro l’agosto 2020 e valutare se la necessità di includere nel monitoraggio anche le attività dei cittadini europei all’estero.