Roma – “Non c’è nessun braccio di ferro con la Commissione europea” per la messa a punto della legge di bilancio, ma “un dialogo continuo” che nei prossimi giorni si concentrerà “sulla definizione del prodotto potenziale e dell’output gap”, parametri che influiscono sulla valutazione dei conti pubblici e sui quali in passato l’Italia aveva chiesto una revisione delle definizioni. Lo ha annunciato il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, in audizione davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato sulla nota di aggiornamento al Def. Per il titolare di Via XX Settembre, non è solo interesse del governo evitare “conflitti che non farebbero bene a nessuno, neppure alla Commissione, considerate le attuali difficoltà a governare l’Europa”.
Il tono è pacato, ma la dichiarazione, se non una minaccia, sembra un modo per far pesare la propria voce senza alzare il volume dei decibel. Tant’è che il ministro ha confermato di voler fare ricorso, in virtù della gestione dei migranti e dell’emergenza terremoto, alla clausola che consente lo scorporo delle spese per eventi eccezionali dal Patto di stabilità. Spese che potrebbero andare oltre l’effettiva emergenza, visto che “al di là della necessaria ricostruzione delle zone colpite”, ha indicato il ministro, è “prioritario programmare interventi antisismici per mettere in sicurezza per mettere in sicurezza la popolazione, il territorio e il patrimonio abitativo, artistico e culturale del Paese”.
Quanto alle critiche piovute ieri sulla nota di aggiornamento al Def, se la Banca d’Italia considera “ambizioso” aver fissato le attese di crescita all’1% per il 2017, “anche noi consideriamo che questo obiettivo sia ambizioso, perché abbiamo il dovere di esserlo”, ha risposto Padoan. L’aumento di un punto percentuale di Pil per il prossimo anno “non è una scommessa, è la stima dell’effetto della manovra” di bilancio sull’economia nazionale.
Una manovra che conterrà, come più volte anticipato, la disattivazione dell’aumento dell’Iva, previsto dalle clausole di salvaguardia imposte da Bruxelles, e “misure aggiuntive per sostenere la crescita”, tra le quali “gli incentivi agli investimenti, all’innovazione, alla ricerca e sviluppo, il supporto alle piccole e medie imprese, i maggiori investimenti pubblici, le misure di sostegno alle famiglie e alle pensioni basse”, ha elencato il titolare dell’Economia.
“L’Ires scenderà dal 27,5% al 24%” il prossimo anno, ha ricordato il ministro promettendo “ulteriori misure di alleggerimento (fiscale, ndr) per le imprese”. Saranno previsti “strumenti agevolativi per gli investimenti in beni strumentali”, uno stimolo per favorire la quotazione in borsa delle aziende e “interventi volti a canalizzare il risparmio privato verso l’economia reale”.
Sul fronte sociale, “vi saranno interventi di sostegno ai pensionati a rischio povertà e a favore della flessibilità” per consentire un’uscita anticipata dal lavoro. Il tutto, ha precisato il numero uno di Via XX Settembre, senza modificare l’assetto del sistema previdenziale e, soprattutto, “senza intaccarne la sostenibilità di lungo termine”.
Padoan ha poi sottolineato il ruolo degli investimenti pubblici come leva per la crescita, ricordando che “l’Italia risulta il secondo Paese europeo in termini di investimenti operati tramite il Piano Juncker, con 13 progetti finanziati pari a 1,8 miliardi investiti, che presentano un effetto leva pari a 5,7 miliardi”.
Per favorire ulteriormente lo sviluppo dell’economia, soprattutto nella zona euro, secondo Padoan non bastano il piano europeo per gli investimenti strategici e la “politica monetaria espansiva” della Bce. A questi elementi bisogna “affiancare politiche fiscali nazionali coordinate, sostenute in particolare dai paesi che dispongano di suffcienti spazi di bilancio”. Tradotto: la Germania deve investire una parte maggiore del proprio surplus commerciale.