Roma – Sul Bilancio italiano non c’è nessuna “trattativa” tra Roma e Bruxelles, ma piuttosto “un dialogo continuo”. Lo precisa in un’intervista a La Stampa il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan. Nei fatti però un accordo sui conti presentati dal governo nella nota di aggiornamento al Def non c’è. Aver portato la stima del rapporto deficit/Pil per il 2017 al 2%, dopo che in primavera era stato indicato l’1,8%, è “sufficiente a considerare l’Italia in una situazione conforme alle regole”, ritiene il ministro. E anche se si aggiungono i circa sette miliardi su cui l’esecutivo chiede flessibilità per far fronte all’emergenza dei migranti e del terremoto, facendo così salire il dificit/Pil al 2,4%, si tratta di uno scostamento “del tutto giustificato”.
Il titolare di Via XX Settembre ammette che “con la Commissione partiamo da punti di vista diversi in grande trasparenza”. Tuttavia, la bocciatura della richiesta di flessibilità “è un’ipotesi che non prendiamo in considerazione, perché adotteremo un saldo di bilancio coerente con le regole e gli accordi europei”.
Il ministro ha parlato anche di Brexit affermando che l’incertezza che questa comporta pesa “parecchio” sull’azione della Commissione europea, all’interno della quale, “più che aggrappate a criteri burocratici, le posizioni dei commissari dipendono anche dal proprio orientamento politico: socialisti da una parte e popolari dall’altra”. E dato che “in molti Paesi ci si avvicina ad un anno elettorale”, come in Germania e Francia, “diventa difficile fare grandi progetti”. Dunque, riguardo all’indeterminatezza “sul come e sul quando” avverrà l’uscita del Regno unito dall’Ue, “la responsabilità non è solo di Downing Street. Temo uno stallo di un anno in attesa delle elezioni tedesche e francesi”.
Per il titolare di via XX Settembre, le scadenze elettorali stanno bloccando anche la discussione su come far procedere l’integrazione e le politiche di bilancio. “Quando abbiamo iniziato a discutere” di questo con i ministri delle finanze europei a Bratislava, rivela, “ognuno diceva una cosa diversa”. Una situazione che si riverbera anche sugli orientamenti che la Commissione deve tenere nel valutare i bilanci degli Stati membri.