Bruxelles – Proteggere le talpe dalla persecuzione giudiziaria e aiutarli a trovare un nuovo lavoro, dopo che hanno perso il precedente di cui hanno rivelato informazioni preziose e riservate. Questa la richiesta più forte uscita dalla prima audizione della Commissione d’inchiesta del Parlamento europeo sul caso Panama Papers, l’inchiesta giornalistica che ha rivelato l’esistenza di società off-shore a Panama presso lo studio legale di Mossack Fonseca, create per evadere il fisco. Lo hanno ripetuto durante le due ore di confronto al Parlamento europeo i giornalisti presenti e i 65 membri della commissione d’inchiesta sull’evasione fiscale.
Per la prima volta i giornalisti protagonisti dello smascheramento, i reporter dell’associazione internazionale dei giornalisti investigativi, International Consortium of Investigative Journalists (Icij), hanno raccontato nel cuore delle istituzioni europee, cosa ha significato per loro aver scoperchiato quello che il direttore di Icij Gerald Ryle ha definito “il più grande caso di inside information, perché il lavoro dei giornalisti è far emergere quello che di sbagliato c’è nella realtà”.
“Era una mattina d’inverno quando mi arrivo un’e-mail”, così Bastian Obermayer, direttore del Süddeutsche Zeitung ha raccontato il suo primo incontro digitale con il whistleblower che poi ha aperto le porte al caso dei Panama Papers. Circa 2.6 terabytes di informazioni, 11.5 milioni di documenti sono arrivati nelle mani del gruppo di circa 400 giornalisti investigativi che da 40 diversi paesi diversi hanno collaborato per far emergere il mondo nascosto delle società offshore.
Il tesoro scoperto da questi giornalisti è diventato un database in cui sono registrate quasi 500 mila società offshore scovate attraverso i casi investigativi Panama Papers, Offshore Leaks e Bahamas Leaks. I dati coprono un periodo di oltre 40 anni fino al 2016 e permettono di ricostruire una rete di intermediari e società distribuita su oltre 200 diverse nazioni e zone nel mondo.
Il giornalista Jan Lukas Strozyk della tv “Norddeutsche Rundfunk” di Amburgo ha spiegato che “in Germania 6 delle 7 banche più grandi offrono ai loro clienti la possibilità di utilizzare strutture offshore”. Inoltre, “10 delle più importanti banche d’intermediazione si trovano: 4 in Lussemburgo, 3 alle Isole del Canale, 2 in Svizzera e una a Monaco”.
Il cuore di questo sistema non risiede, quindi, solo a Panama, “gli uffici di Fonseca sono in tutto il mondo, anche nell’Unione europea, come in Lussemburgo”, ha spiegato Obermayer, “Abbiamo trovato molti documenti relativi ai movimenti delle banche europee”.
L’Europa non è fuori dai meccanismi svelati dai Panama Papers. “In Belgio sono state scoperte 1.144 società offshore, in 11 paradisi fiscali, collegati anche agli scandali di LuxLeaks e Swissleaks”, ha racconto Kristof Clerix della rivista belga “Knack magazine”, “Coloro che portano i propri conti all’estero in Belgio, i cosiddetti, “offshore belgians”, hanno rapporti con banche svizzere e lussemburghesi, come “Experta”, e operano in Belgio principalmente nei settori finanziario e nell’industria dei diamanti”.
Gli istituti bancari di Lussemburgo e Svizzera hanno giocato un ruolo di mediazione con l’impero di Fonseca, che rappresenta quello che il giornalista Clerix ha definito “solo la punta dell’icerberg di un sistema molto più complesso in cui agiscono molte persone. Solo in Belgio le persone coinvolte nel sistema dell’offshore sono 732”.
Il sistema offshore è difficile da contrastare proprio perché così complesso. Difficile capire dove inizia e dove finisce ciò che è legale. Lo ha spiegato anche il giornalista Oliver Zihlmann dei quotidiani svizzeri “Sonntagszeitung” e “Le Matin Dimanche”. “Molti degli affari di Fonseca sono a Cipro, che ha una legislazione europea. I Panama Papers hanno rivelato che esiste una mancanza di trasparenza nel sistema offshore di Cipro”, ha spiegato Zihlmann, “Esiste un meccanismo per cui i soldi di persone molto vicine al presidente russo Vladmir Putin circolavano a Cipro tra il 2007 e il 2011, le persone che li gestiscono si trovano in Svizzera e sono stati trasferiti in luoghi sospetti, come hotels, resorts o utilizzati per acquistare beni di lusso”.
Casi come questi possono emergere solo se esiste un sistema di protezione delle fonti che permette alle talpe di poter parlare liberamente e una stampa libera. Anche nel Paese che secondo Reporter Sans Frontieres detiene il primato per la libertà di stampa nel mondo, la Finlandia, la stampa ha scoperchiato i Panama Papers.
La giornalista Minna Knus-Galán della tv finlandese “Yle” ha raccontato due casi che hanno aperto un grande dibattito nel suo Paese su due grandi gruppi finanziari come Nordea e Metso. “Solo Nordea tra il 2004 e il 2014 ha creato nell’universo di Fonseca circa 400 società offshore. Sono, inoltre, stati trovati dei documenti legati alla società finlandese firmati da un direttore morto 10 anni prima”.
L’altra società, Metso, che in parte è di proprietà pubblica e custodisce molti fondi pensionistici, è accusata di riciclaggio di denaro. “Dai Panama Papers emerge che uno dei direttori di Metso, ha raccontato la giornalistia, spostava soldi dalla Russia a Panama attraverso la società finlandese, passando per un fondo privato in Svizzera”.
Insomma, Panama non è così lontana e i giornalisti europei lo hanno ripetuto anche alle istituzioni europee, a cui hanno chiesto di iniziare a contrastare il fenomeno dell’elusione e evasione fiscale, investigando dentro l’Unione europea. “Bisogna far luce sui rapporti tra gli Stati membri e lo studio di Fonseca”, ha ricordato il direttore del “Süddeutsche Zeitung”, Bastian Obermayer.
Il passo successivo è stabilire “quali sono i limiti della legislazione europea nel contrasto al fenomeno scoperchiato dai Panama Papers”, ha spiegato Julia Stein della tv “Norddeutscher Rundfunk”, “C’è bisogno di esperti di finanza per intervenire, noi siamo semplici giornalisti”.