Bruxelles – Come atteso vittoria schiacciante per il “Sì” nella Republika Srpska nel referendum di ieri: già in seguito allo scrutinio del 71% delle schede, è stato reso noto che il 99,8 per cento del milione e duecentomila elettori si è espressa a favore della celebrazione del giorno della indipendenza della repubblica serba (che è ora una delle comunità costitutive della Bosnia, situazione non messa in discussione dal referendum) il 9 gennaio. La Commissione elettorale ha calcolato che l’affluenza alle urne sarebbe stata del 56-60%.
La consultazione non ha alcun valore legale, ma crea una innegabile tensione politica.
Il leader della comunità Miroslav Dodik si è detto “molto fiero della gente della Republika Srpska” e “di quanti hanno votato oggi”, “devo dire vergogna ai serbi che non si sono fatti vedere al referendum”, ha proseguito. Rivolgendosi alla popolazione, ha, inoltre, dichiarato: “Oggi abbiamo scritto un’altra gloriosa pagina della nostra storia, avevamo detto che stiamo lottando per la libertà, per i diritti della Repubblica”. Dodik ha, infine, concluso definendo il referendum come un successo: “Non si tratta di giocare ad essere eroi, non ha a che fare con la rabbia, ma con la gente. Ecco perché devo annunciare qui che il referendum di oggi è stato un successo”.
La proclamazione della Republika Srpska e l’opposizione serba all’indipendenza della Bosnia Erzegovina dalla Yugoslavia nel 1992 hanno costituito uno dei presupposti delle guerre nei Balcani occidentali dei primi anni ’90: festeggiare l’indipendenza, quindi, costituirebbe un chiaro richiamo al conflitto, oltre che ad essere discriminatorio per le comunità non serbe. Per queste ragioni, il referendum era stato dichiarato incostituzionale dalla Corte costituzionale della Bosnia e diverse autorità internazionali (tra cui Ue, Usa e Turchia) vi si erano decisamente opposte, considerandolo come una violazione degli accordi di Dayton (i patti che hanno permesso la fine delle guerre iugoslave nel 1995); la vicina Serbia ha adottato, invece, una posizione neutrale, mentre la Russia, unica eccezione, ha sostenuto la chiamata alle urne, un tentativo, questo, probabilmente volto a rafforzare la propria presenza nell’area balcanica.
La Commissione europea commentando il voto ribadisce che “il referendum non ha una base legale” ed invita tutti ad “evitare esasperazioni e a continuare il cammino delle riforme intrapreso in Bosnia”.