Bruxelles – L’intelligence europea guarda con preoccupazione la Libia e teme che nei prossimi mesi possa diventare in modo sempre più consistente la base di partenza degli attentati dell’Isis verso l’Europa. A spiegarlo è il coordinatore europeo antiterrorismo, Gilles De Kerchove, oggi in audizione davanti alla commissione Libertà civili del Parlamento europeo. “Nonostante il recente successo a Sirte, Daesh è ancora presente in Libia e la preoccupazione è vedere sempre di più il Paese diventare un trampolino per Daesh e il luogo in cui possono essere pianificati gli attacchi verso l’Europa”, ha spiegato De Kerchove agli eurodeputati, ammettendo che “la minaccia resta molto elevata in molti Stati membri”.
La situazione in Libia, secondo il coordinatore antiterrorismo Ue, si farà ancora più complicata “quando il califfato collasserà” in Siria e Iraq e ci sarà un “esodo dei foreign fighters”: a quel punto, ci saranno “non centinaia ma migliaia di combattenti” che si muoveranno verso un altro luogo e “la Libia è il più ovvio”. Ci si troverà dunque a gestire un “numero elevato di persone di diversi profili: chi era in prima linea nella lotta, chi stava nella cabina di regia, ma anche le moglie e i figli dei combattenti e sappiamo che più di cinquecento bambini sono nati là”, spiega ancora il responsabile antiterrorismo Ue.
A preoccupare l’intelligence europea, c’è anche la possibilità che “Daesh possa man mano muoversi verso altri modus operandi: le autobombe, e sappiamo quanto hanno imparato a costruirle, ma c’è preoccupazione anche sull’uso di armi chimiche”, spiega De Kerchove. Non bisogna poi dimenticare i flussi migratori: “Dobbiamo accettare che sono stati usati, anche se in modo marginale” dall’Isis per entrare in Europa, ricorda il coordinatore Ue sottolineando anche “la vulnerabilità della diaspora” che viene utilizzata da chi cerca di reclutare nuove forze per le organizzazioni terroristiche. In Germania, spiega ad esempio De Kerchove, sono già stati individuati membri di organizzazioni salafite che tentavano di fare proselitismo nei campi profughi. “Non è una coincidenza – sottolinea il coordinatore antiterrorismo Ue – più riescono a compromettere i rifugiati meglio sarà per il circolo vizioso di islamofobia e radicalizzazione”.