Bruxelles – Il Decreto Bondi del 2009 sul diritto di copyright è contrario alla normativa europea. Lo ha stabilito la Corte di giustizia Ue rispondendo a una questione pregiudiziale sollevata dal Consiglio di Stato, che a sua volta deve valutare il ricorso presentato da Nokia Italia (cui è subentrata Microsoft Mobile Sales International Oy), Hewlett-Packard Italiana, Telecom Italia, Samsung Electronics Italia, Dell, Fastweb, Sony Mobile Communications e Wind Telecomunicazioni contro una decisione del Tar del Lazio.
Le otto società produttrici o distributrici di strumenti tecnico-informatici in grado di permettere la riproduzione privata di tracce audio e video avevano chiesto al Tar di annullare il decreto Bondi perché contrario alla legislazione europea. Nel 2012, il Tribunale amministrativo regionale aveva rigettato la domanda delle aziende, che però non si erano arrese e si erano rivolte al Consiglio di Stato, che a sua volta aveva chiesto delucidazioni alla Corte di giustizia Ue. In particolare, il ricorso verteva su alcuni aspetti concernenti l’”equo compenso per copia privata”, che consiste in un indennizzo “forfettario” garantito agli autori di opere dell’ingegno, posto a carico delle società produttrici, importatrici o distributrici di dispositivi o macchinari che consentono la registrazione di tracce audio e video. Tale indennizzo è finalizzato a compensare il presumibile pregiudizio derivato agli autori dalla riproduzione delle opere, a fini privati, da parte degli acquirenti dei dispositivi o macchinari, sul cui prezzo viene quindi calcolata una percentuale che le imprese interessate debbono pagare alla Siae.
Secondo la Corte, la direttiva Ue sul diritto d’autore deve essere interpretata in base a un criterio funzionale. Se lo scopo del decreto Bondi è quello di bilanciare gli interessi degli autori con gli interessi degli utenti privati, sottoporre al sistema dell’equo compenso anche in ambito di fornitura a professionisti o a persone giuridiche, il cui scopo di acquisto dei macchinari non è certamente la “copia privata”, è contrario alle finalità della direttiva. Lo Stato dovrebbe quindi prevedere per questi casi un’esenzione automatica e a priori, inesistente nell’attuale sistema italiano.
Secondo i giudici, appare ancora più contraddittorio rispetto ai principi del diritto europeo, e in particolare rispetto al principio di parità di trattamento, che la scelta dell’applicazione delle esenzioni sia frutto di una negoziazione sostanzialmente privatistica in mano alla Siae, regolata esclusivamente dalla Siae stessa e senza che una legislazione precisa disciplini il procedimento e indichi i criteri da seguire. Tale tipo di procedura rischia verosimilmente di condurre a trattamenti diseguali di produttori, importatori o distributori che invece si trovano in situazioni sostanzialmente equiparabili.
Qui il testo della sentenza.