Berlino – Rosso-Rosso-Verde è quello che si legge su tutti i giornali e anche la più grande paura della Cdu (Cristiano Democratici), il partito di Angela Merkel, prima delle elezioni nel Land di Berlino, tanto da diventare un leitmotiv per i cartelloni elettorali.
Come la profezia che si autoavvera, le urne hanno indicato che proprio il Rosso-Rosso-Verde, ovvero Spd (Partito Socialdemocratico), Die Linke (Sinistra) e Die Grühne (Verdi), potrebbe formare una nuova coalizione alla guida della capitale tedesca, aprendo la strada ad un modello alternativo a quello che ha governato Berlino negli ultimi 5 anni e che domina a livello federale, il Nero-Rosso, ovvero Cdu-Spd.
Per la seconda volta nel giro di due settimane la cancelliera riceve un avvertimento dai propri elettori e, dopo il voto in Meclemburgo-Pomerania dove la Cdu era stata scavalcata dal partito xenofobo e populista Afd (Alternative Für Deutschland), anche nella capitale perde più del 5% dei voti. In totale la Cdu ha inanellato quattro sconfitte di fila.
Il successo di Afd, con la quota del 14%, si offre ad un ragionamento semplicistico e ad un’analisi superficiale del voto. Certo, l’ascesa del partito di Frauke Petry è un chiaro segnale che una parte della popolazione è contraria alla politica dell’accoglienza, ma guardando solo questo si perderebbe una parte importante.
Quello che è utile prendere in considerazione è che non solo la Cdu perde consensi, ma entrambi i “Volskpartei” (Partiti del popolo), quindi anche la Spd che ha ottenuto la maggioranza relativa, vede una perdita di consensi a livello cittadino, in una città tradizionalmente “rossa”.
Al contrario, salgono gli altri partiti come Die Linke che vede aumentare le preferenze di quasi il 4% e la Fdp (Liberal Democratici) che dopo 5 anni di assenza torna nel parlamento cittadino. I Verdi perdono un punto ma si consolidano vicini al 17 per cento. Inoltre, è bene sottolineare che la Spd ha perso ben il 6,7%, un punto in più del partito della cancelliera.
Il tema dei rifugiati è sicuramente rilevante, ma è doveroso notare che i partiti che hanno ricevuto più voti, sono anche quelli maggiormente favorevoli all’accoglienza e, in alcuni casi, hanno addirittura criticato Merkel per non aver fatto abbastanza.
La cancelliera si è assunta la responsabilità della sconfitta e, dopo aver rinunciato al vertice Onu di New York ha parlato alla stampa riconoscendo le proprie colpe e annunciando un cambio di rotta sui migranti. “Non si ripeterà l’afflusso del 2015” con un milione di arrivi, ma la Germania continuerà ad essere un paese accogliente pur “riducendo i flussi”, un po’ per lo spirito cristiano democratico del partito, un po’ perché in alcuni casi c’è mancanza di forza lavoro.
“Giusto” è stato definito, invece, l’accordo con la Turchia, auspicando un cambio urgente dei trattati di Dublino, aggiungendo che paesi come l’Italia e la Grecia, dove arrivano “molti migranti economici” non posso essere lasciati soli.
Questa elezione oltre cambiare leggermente gli equilibri del Bundesrat aggiunge un’ulteriore spina nel fianco della cancelliera.
La leadership al momento non sembra essere in discussione in quanto all’interno del suo partito non c’è nessuna voce apertamente critica; Merkel è riuscita a circondarsi di persone affidabili anche se i retroscena parlano di mal di pancia nel partito e di esponenti che vorrebbero un passo indietro o un cambio di direzione, ma nessuno si propone pubblicamente come successore.
La Kanzlerin è isolata in Europa sulla politica di accoglienza ed è in costante calo nei sondaggi, tanto che una rilevazione dell’istituto tedesco Forsa indica la Cdu al 32%, sebbene con la maggioranza relativa, ben al di sotto del 41,5% conquistato nel 2013.
Angela Merkel non ha ancora deciso in merito alla sua ricandidatura e ha annunciato di farlo al congresso del partito che si terrà a dicembre ad Essen. Secondo molti analisti però in Germania non c’è al momento una personalità alternativa forte, in grado di competere con lei per la guida del governo ma qualche nome è già stato fatto: Ursula Von Der Leyen, ministro della difesa, Wolfgang Schäuble, ministro delle finanze noto per le sue posizioni oltranziste in Europa e, Horst Seehofer, leader della Csu, compagine bavarese del partito della Merkel, che secondo un sondaggio avrebbe il sostegno del 42% dei tedeschi.
Certo, in vista del 2017 Berlino potrebbe essere il laboratorio per una coalizione tutta a sinistra che vede Spd, Linke e Grühne pronti a governare, viste anche le critiche sulla politica dell’accoglienza e sul Ttip da parte di Sigmar Gabriel, leader socialdemocratico.
Ma il vero nemico di Merkel al momento sembra essere Afd, che, secondo un sondaggio del quotidiano Tagespiel, sarebbe il principale colpevole dalla fuga di voti dalla Cdu. I motivi del successo di Afd vanno ricercati nel gap di rappresentazione dei due principali partiti tedeschi. La Cdu, con la politica di Merkel, si è avvicinata sempre di più alla socialdemocrazia, spostandosi al centro e lasciando gli elettori di destra senza una casa.
Ma non è tutto, perché bisogna riconoscere che nelle ultime due tornate elettorali, anche i socialdemocratici hanno visto un notevole calo dei consensi e il leader è sotto attacco della minoranza sul Ceta, l’accordo di libero scambio tra Ue e Canada, nonostante ieri al congresso di Wolfsburg abbia ottenuto l’ok dal proprio partito.
Una seconda opzione potrebbe essere quella di un governo Cdu-Spd-Verdi eliminando l’ala critica, ovvero la Csu bavarese. È ancora presto per dirlo ed in ogni caso il Rosso-Rosso-Verde di Berlino potrebbe essere verosimilmente il punto di partenza per la prossima campagna elettorale.
Quello che però è più interessante notare è la crisi dei maggiori partiti, che vedono i propri consensi erosi da formazioni che potremmo definire più estreme o identitarie; è questo il caso di Die Linke e Afd.
Proprio la mappa dei voti di Berlino mostra l’emorragia di elettori nelle zone più povere della città, proprio come nella regione del Meclemburgo-Pomerania. Del resto sia il Land che la capitale hanno una disoccupazione sopra alla media e appartengono alla vecchia Germania Est, che stenta ancora ad eguagliare i grandi numeri dell’economia della parte Ovest.
Uno dei quartieri dove Afd ha riscosso maggiori consensi è proprio Marzahn-Hellersdorf, nella periferia orientale della città, dove gli abitanti hanno paura dell’aumento degli affitti e dove hanno avuto luogo proteste contro la costruzione di campi profughi.
Sembrerebbe quasi che i grandi partiti, presi dalla Germania “locomotiva d’Europa”, si siano dimenticati degli “ultimi” e abbiano giocato a far la voce grossa in Europa dimenticandosi dei problemi che hanno in patria.
Infine, c’è da constatare come questi risultati stiano indebolendo Angela Merkel in patria e, come questo si rifletterà in Europa, più che dal punto di vista economico da quello dell’accoglienza, anche se il discorso di ieri della kanzlerin sembra non mutare nulla.
Di sicuro, una cambio al governo nel 2017 con un esecutivo più orientato a sinistra potrebbe offrire dei nuovi panorami anche a Bruxelles, in primis sull’accordo con la Turchia, al quale Die Linke si oppone strenuamente, senza tralasciare le posizioni sul debito greco e sulla flessibilità per gli stati in maggiore difficoltà, si legga Italia.