Roma – Liberare un potenziale da 415 miliardi di euro in più all’anno per l’economia dell’Ue. È questo l’obiettivo dichiarato dalla Commissione europea per la realizzazione del Mercato unico digitale (acronimo inglese Dsm), una delle 10 priorità indicate a inizio mandato dal presidente Jean-Claude Juncker, che ne ha conferito la delega al vicepresidente Andrus Ansip, in coordinamento con il commissario per l’Economia e la società digitali, Günther Oettinger.
“Voglio assistere alla creazione di reti di telecomunicazioni su scala continentale, servizi digitali che attraversano le frontiere e una moltitudine di start-up europee innovative. Voglio che ciascun consumatore faccia gli affari migliori e che ciascuna impresa abbia accesso al mercato più esteso, ovunque si trovi in Europa”. Con queste parole Juncker presentava la strategia dell’esecutivo comunitario per il Dsm, il 6 maggio scorso.
È un progetto che prevede 16 iniziative da avviare entro la fine del 2016 e si basa su tre pilastri: migliorare l’accesso online a beni e servizi per i consumatori e le imprese; creare un contesto favorevole allo sviluppo di reti e servizi digitali; massimizzare il potenziale di crescita dell’economia digitale nell’Ue.
Riguardo al primo pilastro, l’accesso, è già definitivo il pacchetto normativo per l’abbattimento delle tariffe di roaming e per l’adozione del principio di neutralità della rete, in virtù del quale i provider non possono discriminare gli utenti nel garantire loro la connessione a Internet.
La Commissione ha inoltre presentato a maggio scorso una proposta per eliminare il geoblocking ingiustificato, una pratica per la quale, sulla base della provenienza geografica, viene inibito l’accesso ad alcuni siti, o si è re-diretti verso altri, per impedire l’acquisto di alcuni prodotti e servizi o, più spesso, per praticare prezzi e tariffe diverse secondo il Paese in cui si trova il consumatore. Una pratica cui anche il Parlamento europeo ha chiesto di porre fine.
Sul commercio elettronico sono i dati a mostrare come vi siano barriere al Mercato unico digitale. Ad esempio, secondo dati Eurostat presentati nella documentazione a supporto della strategia per il mercato unico, il 44% dei consumatori europei acquista online da venditori del proprio Paese, ma appena il 15% fa lo stesso da venditori di un altro Stato membro. Di riflesso, mostra un’indagine dell’Eurobarometro, le aziende europee che commerciano in rete registrano l’85,4% di vendite nel mercato domestico e appena il 10,3% nel resto dell’Ue.
Diversi fattori stanno alla base di questi dati poco lusinghieri per il commercio transfrontaliero in rete. Nello studio sugli ostacoli transnazionali al Dsm, la Commissione europea ha trovato che ben l’86% dei consumatori europei ha delle riserve ad acquistare online da un altro Paese Ue. Tra le principali figurano i costi e i tempi di spedizione, le difficoltà di risolvere controversie in caso di non conformità del prodotto, il timore di subire abusi o violazioni dei dati personali e di quelli della carta di credito. Costi di spedizione e differenze normative tra i 28, con la conseguente complessità nella gestione delle vendite transfrontaliere e delle controversie con i consumatori, sono le principali preoccupazioni indicate dai venditori.
Riguardo alle spedizioni, la Commissione europea ha presentato, sempre a maggio scorso, una proposta per migliorare la trasparenza dei prezzi. Mentre le prime risposte per superare gli altri ostacoli sono arrivate alla fine dello scorso anno, con la presentazione di due proposte di direttiva, quella sul commercio elettronico e quella sui contenuti digitali, e una proposta di regolamento sul copyright per garantire la portabilità transfrontaliera dei contenuti online, oltre alla proposta arrivata il 25 maggio scorso per rafforzare la fiducia nel commercio transfrontaliero online, che prevede una maggiore cooperazione tra autorità nazionali ed europee per vigilare sul rispetto dei diritti dei consumatori.
“Quando si scarica un film o della musica, devono funzionare. Se ciò non avviene, bisogna poter risolvere il contratto ed essere rimborsati”, ha dichiarato Ansip presentando le proposte insieme con la collega Vĕra Jourová, commissario per la Giustizia i consumatori e la parità di genere, secondo la quale le due direttive “incoraggeranno i consumatori ad acquistare all’estero e semplificheranno il lavoro delle imprese, soprattutto delle Pmi, che vendono online in tutta l’Europa”.
Le proposte puntano a creare un medesimo corpus normativo di riferimento sui contratti di vendita e fornitura di beni e servizi online, ciò dovrebbe consentire a un’impresa di risparmiare circa 9mila euro per ogni Paese in cui intende operare. Ammonta a tanto, secondo le stime della Commissione, l’onere per adeguarsi al sistema normativo di un altro Stato.
Dal punto di vista dei consumatori vengono previste ulteriori tutele rispetto a quelle già garantite dalla regolamentazione generale sul commercio. C’è la possibilità di chiedere la riparazione o sostituzione di un bene difettoso durante l’intero arco dei 2 anni di garanzia, e senza dover dimostrare che il difetto fosse presente al momento della consegna.
La novità più importante riguarda la portabilità dei servizi online: guardare un film o una partita di calcio in streaming, sfruttando l’abbonamento sottoscritto nel proprio Paese, dovrà essere possibile anche quando ci si sposta nel resto dell’Ue. Inoltre, mentre oggi, in alcuni Stati, chi acquista online un contenuto digitale non funzionante può solo ricevere come risarcimento un voucher per acquisti futuri, la proposta della Commissione prevede invece il diritto a veder risolto il problema e, se ciò non avviene, ad avere uno sconto o il rimborso integrale con la soluzione del contratto.
Dirimere le contese tra consumatori e aziende sarà poi più semplice e lo si potrà fare sul web, in via extra giudiziale, grazie alla nuova piattaforma per la soluzione delle controversie online. Uno strumento messo a punto dalla Commissione europea e presentato lo scorso 15 febbraio. Riguardo alla diffidenza sul trattamento dei dati personali, è recente l’approvazione definitiva del regolamento generale sulla protezione dei dati sensibili, votata dal Parlamento europeo lo scorso 14 aprile.
Una attenzione particolare è stata riservata alla diffusione della cultura senza penalizzare gli autori e possessori di copyright. In questo ambito, il 14 settembre scorso sono state presentate una proposta di regolamento sulle trasmissioni e ritrasmissioni transfrontaliere, una proposta di direttiva sul diritto d’autore nel mercato unico digitale, una proposta di regolamento sullo scambio transfrontaliero con paesi terzi di opere in formati accessibili a ciechi e ipovedenti e, per la stessa categoria di persone, una proposta di direttiva sulle agevolazioni nell’accesso a opere protette da copyright.
Un’ulteriore barriera destinata a cadere riguarda l’Imposta sul valore aggiunto. L’Iva sarà infatti oggetto di un’iniziativa che la Commissione è intenzionata a presentare entro fine anno, come annunciato nell’action plan presentato il 7 aprile scorso con l’ambizioso titolo ‘Verso un’unica area Iva nell’Ue – È tempo di decidere’. L’obiettivo indicato, in relazione al Dsm, è definire un regime unico per gli scambi transfrontalieri, settore in cui l’esecutivo comunitario stima in 3 miliardi l’anno la perdita di gettito per gli Stati membri a causa della complessità del sistema.
Il secondo pilastro della strategia per il mercato unico digitale riguarda principalmente le infrastrutture e il mercato delle telecomunicazioni, normato dal quadro regolatorio per le comunicazioni elettroniche, che la Commissione europea intende “riformare radicalmente” per fornire una sempre maggiore connettività. “Abbiamo bisogno di essere connessi: è indispensabile sia per la nostra economia sia per i cittadini, ed è adesso che dobbiamo investire in questa connettività”, ha dichiarato Juncker nel suo discorso sullo stato dell’Unione nel 2016.
Con questo obbiettivo, l’esecutivo europeo ha presentato un’ambiziosa riforma basata sull’incentivazione degli investimenti in tlc. L’intento è di diffondere le connessioni internet veloci, a 100Mb/s nelle case e a 1Gb/s nelle scuole, università, centri di ricerca, imprese teconologiche. Il tutto accompagnato dalla diffusione dell’internet mobile di quinta generazione, la rete 5G per la cui realizzazione, il 2 febbraio scorso, la commissione ha presentato la proposta per liberare la banda dei 700Mhz entro il 2020, quando presumibilmente sarà pronta la tecnologia le connessioni che viaggeranno appunto sulle frequenze attualmente utilizzate dal digitale terrestre televisivo. Una proposta che in Italia ha già creato allarmismo sulla necessità di sostituire gli apparecchi Tv.
Per quanto riguarda le infrastrutture c’è la necessità di sviluppare la diffusione della banda ultralarga in grado di garantire una sufficiente capacità per contenuti e servizi digitali che diventano sempre più consistenti. A tal proposito, la Commissione prevede di incentivare gli investimenti nel settore, anche attraverso una revisione della direttiva sui servizi universali.
Nelle aree sufficientemente attrattive per gli investitori, l’iniziativa verrà lasciata ai privati. Un esempio, in Italia, è il piano di Enel per portare la fibra ottica fino alle case e alle aziende di 224 città, sfruttando l’infrastruttura della rete elettrica.
Nelle cosiddette aree a ‘fallimento di mercato’, dove invece la remunerazione prevista per gli investimenti non è sufficiente a stimolare l’iniziativa privata, è giustificato l’intervento pubblico per garantire una copertura uniforme a livello nazionale. Sempre in Italia, il governo ha previsto un investimento da 4 miliardi di euro per questa finalità, che verrà perseguita anche attraverso gli strumenti offerti dal Piano Juncker per gli investimenti strategici.
Ancora sul fronte delle infrastrutture, il 19 aprile scorso l’esecutivo Juncker ha lanciato un piano per la realizzazione di un cloud europeo che colleghi enti di ricerca e professionisti della scienza e della tecnologia. L’obiettivo dell’European Open Science Cloud è “rendere la scienza più efficiente e produttiva permettendo a milioni di ricercatori di condividere i dati delle proprie ricerche in un ambiente sicuro e trasversale a tecnologie, discipline e confini”, ha spiegato il commissario alla Ricerca, Carlos Moedas. Per realizzarlo, la Commissione investirà 2 miliardi di euro nell’ambito di Orizzonte 2020, ai quali dovranno aggiungersi altri 4,7 miliardi tra stanziamenti pubblici e privati.
Il cloud europeo per la scienza sarà sostenuto dall’European Data Infrastructure, che avrà anche il compito di favorire lo sviluppo dell’economia basata sui ‘big data’ e su un’elevata capacità di calcolo per gestirli.
Per creare un ambiente favorevole al Dsm, il terzo pilastro della strategia, insieme con il piano per il cloud europeo la Commissione ha presentato una serie di iniziative da sviluppare lungo tre direzioni: la digitalizzazione dell’industria, la promozione dell’innovazione digitale, lo sviluppo dei servizi pubblici digitali.
Per la cosiddetta ‘industria 4.0’, Bruxelles prevede di mobilitare circa 50 miliardi di euro. Risorse pubbliche e private da mettere in campo attraverso i meccanismi del Piano Juncker e del Fondo europeo per gli investimenti strategici. L’esecutivo si impegna a coordinare le iniziative nazionali e regionali per la digitalizzazione industriale. Prevede di investire 500 milioni di euro in una rete paneuropea dei poli di innovazione digitale, un luogo in cui le imprese ricevano consigli e sperimentino soluzioni innovative. Inoltre, la Commissione promuoverà progetti pilota su larga scala per potenziare l’internet delle cose, e adotterà una normativa per facilitare il libero flusso dei dati e chiarire i diritti di proprietà di quelli generati da sensori e dispositivi intelligenti. Un ulteriore impegno riguarda la presentazione di un’agenda europea per le competenze, il cui obiettivo è dotare i cittadini di strumenti adeguati per i lavori dell’era digitale.
La promozione dell’innovazione, nella visione dell’esecutivo Juncker, va condotta attraverso la definizione di regole e standard tecnici comuni – possibilmente condivisi anche a un livello più ampio dell’Ue – che consentano ai dispositivi smart di dialogare tra loro a prescindere dal produttore, dai dettagli tecnici e dal Paese d’origine. In questo senso, la Commissione concentrerà gli sforzi su 5 settori: reti 5G, cloud computing, internet delle cose, tecnologie dei dati e cybersicurezza.
Infine, “dato che le imprese mirano a espandersi nel mercato unico, anche i servizi pubblici online dovrebbero rispondere alle esigenze odierne ed essere quindi digitali, aperti e transfrontalieri fin dalla progettazione”, ha spiegato Ansip parlando del piano d’azione per l’eGovernment 2016-2020.
Il piano prevede 20 misure da varare nel prossimo quinquennio. Tra le principali figurano interventi per la diffusione dell’identità digitale, inclusa la firma elettronica, per la digitalizzazione degli appalti pubblici, per l’istituzione di uno sportello digitale unico che fornisca agli utenti tutte le informazioni, l’assistenza e i servizi a livello transfrontaliero.
Altre iniziative serviranno a introdurre il ‘principio dell’una tantum’, in base al quale cittadini e imprese, fornendo una documentazione a un’amministrazione pubblica, avranno la certezza di non doverla produrre nuovamente. Ancora, sono previste misure per sviluppare i servizi di sanità elettronica transfrontalieri, come le prescrizioni e le cartelle cliniche elettroniche.
Con tutti questi interventi, il cammino verso il Mercato unico digitale sembra dunque ben delineato e promette di rivoluzionare la vita dei cittadini e delle imprese europee in quasi tutti i suoi aspetti.