Bruxelles – Sei pagine scarse, scritte anche con interlinea ampi. Sono la Dichiarazione di Bratislava e l’allegata Roadmap di Bratislava. E’ un documento politico con anche qualche impegno temporale su quello che il 27 dell’Unione europea vogliono fare nei prossimi mesi perché “l’Unione a 27 sia un successo”. C’è scritto che “tutti” i leader hanno concordato sulle 19 righe dei “principi generali”, ma non si dice quanto ampio sia l’accordo sulla Roadmap, che non è totale, come dimostrato dall’esplicito disaccordo di Matteo Renzi su parti fondamentali come l’immigrazione e la crescita. Non è un grande inizio, ma è solo il principio di un percorso, come è scritto anche nel documento, che terminerà la sua prima fase a Roma il marzo prossimo, dopo un altro incontro a Malta.
La Dichiarazione riconosce che il momento per il progetto europeo “è critico”. Dalla discussione è emerso che “l’Ue rimane indispensabile” per i 27 che hanno scelto di rimanerci e che, appunto sono “determinati a fare un successo dell’Ue a 27 Stati”. Si ammette che l’Unione “non è perfetta, ma è il miglior strumento che abbiamo per affrontare le nuove sfide”. La Dichiarazione riconosce che “è necessario che l’Ue serva meglio i bisogni dei cittadini”.
I leader sono poi tutti d’accordo che è necessario “migliorare la comunicazione tra noi e con le istituzioni dell’Unione ma – si sottolinea – è ancora più importante farlo con i nostri cittadini”. Serve dunque “più chiarezza nelle nostre decisioni, un linguaggio esplicito e onesto. Focus sulle aspettative con il fermo coraggio di sfidare le semplicistiche soluzioni delle forze politiche estremiste o populiste”. L’obiettivo è quello di offrire un’Unione “più attraente della quale i cittadini possano fidarsi e che possano sostenere”.
Finito qui. Non è poco, in realtà perché con una certa onestà si riconoscono i limiti e si individuano alcuni problemi, non si fa dell’Unione un totem ed esplicitamente ci si impegna a stabilire un nuovo rapporto con i cittadini, che fino ad ora erano quasi sempre dati per scontati sostenitori che non meritano chiarezza da parte della politica sulle scelte fatte.
E poi parte la Roadmap che, almeno in parte, non piace a Renzi e forse anche a qualche altro capo di governo.
Il testo è diviso in cinque punti. Il primo è sulla “Diagnosi generale e obiettivi”, dove si parla di sfide “comuni” per le quali si è “determinati a trovare soluzioni comuni anche per la questioni sulle quali siamo divisi”. Poi so sottolinea “la necessità di essere chiari circa quello che l’Ue può fare e ciò che tocca agli Stati, per essere sicuri di mantenere le nostre promesse”.
Il punto due è “Migrazioni e frontiere esterne”. Gli obiettivi sono “di non permettere mai più flussi incontrollati”, ridurre il numero dei migranti irregolari, assicurare “il pieno controllo” delle frontiere esterne e il ritorno a un sistema Schengen pienamente funzionante. Il tutto all’interno di un “largo accordo” sulle politiche migratorie a lungo termine e applicazione dei principi di solidarietà e responsabilità. Per raggiungere questi obiettivi si prevede l’impegno a implementare l’accordo con la Turchia e di “continuare a sostenere gli Stati in prima linea”. Entro la fine dell’anno la Guardia di frontiera europea dovrà essere operativa, mentre si rilancerà il Migration compact e il dialogo con i Paesi terzi.
“Sicurezza interna ed esterna” è il terzo punto, dove l’obiettivo è “fare tutto il necessario per aiutare gli Stati membri ad assicurare la sicurezza interna e a combattere il terrorismo”. Per farlo si aumenterà la collaborazione tra i servizi di sicurezza, lo scambio di informazioni sui database di coloro che varcano i confini dell’Unione, anche se sono cittadini Ue. Ci sarà anche un “sforzi sistematico” per combattere la radicalizzazione anche attraverso una politica di espulsioni e divieti di ingresso. Per il fronte sicurezza esterna e difesa si lavorerà a “fare miglior uso di quanto prevedono i Trattati” in particolare sull’utilizzo delle forze armate, implementando “immediatamente” la Dichiarazione congiunta con la Nato.
Quarto punto si chiama “Sviluppo economico e sociale, giovani”. L’obiettivo è ovviamente di “creare un futuro promettente per tutti” e dare “migliori opportunità ai giovani”. Dunque a dicembre si deciderà sull’estensione del Piano Juncker sugli investimenti, a primavera prossima ci sarà una revisione sui risultati raggiunti nelle diverse strategie del Mercato unico. Questo ottobre si lavorerà sul commercio internazionale bilanciando “benefici e preoccupazioni dei cittadini”. A dicembre ci saranno decisioni per combattere la disoccupazione giovanile.
Infine si chiude con “La strada da fare”. Qui si sottolinea ancora una volta la necessità di una “leale cooperazione tra Stati e istituzioni” comunitarie. E ci si dà appuntamento a Malta per l’inizio del 2017 e poi a Roma a marzo per vedere cosa si è riusciti a fare e decidere “del nostro futuro insieme”.