Bruxelles – La Duma si appresta ad arrivare alla sua settima convocazione, la settima legislatura dalla caduta dell’URSS: domenica 18 settembre i cittadini russi saranno chiamati alle urne per scegliere i deputati della camera bassa del Parlamento.
La Duma verrà eletta in un solo giorno e avrà un mandato di cinque anni. La metà dei 450 seggi verrà scelto tramite il sistema proporzionale e con liste di partito chiuse. La soglia di sbarramento sarà del 5% con l’intero Paese come singola circoscrizione. I restanti 225 seggi verranno eletti in collegi uninominali.
L’obiettivo del Cremlino è di mantenere lo status quo del partito dominante Russia Unita, cercando però di evitare casi eclatanti di frode elettorale per non risvegliare la rabbia di quell’elettorato che già nel 2011 scese in piazza a manifestare denunciando brogli e contro il governo del presidente Vladimir Putin. La repressione che ne è seguita, sostenuta dal fervore nazionalista a seguito della annessione della Crimea, ha contribuito a far crescere le voci di dissenso ma non a strutturarle in una forza politica capace di poter impensierire veramente il presidente.
Le rivolte del 2012 sono state dipinte da Putin come una minaccia di ispirazione statunitense, esattamente come quella che ha poi scosso l’Ucraina nel 2013-2014, per questo durante il suo terzo mandato presidenziale si è servito della Duma per far approvare una legge che limitasse fortemente la libertà di riunione e di espressione. Questa volta Putin non vuole essere accusato di truffa: vuole una chiara e convincente vittoria e un parlamento fatto da lealisti o rappresentanti di partiti già collaudati in precedenza, a lui fedeli. Cosa che dovrebbe avere senza problemi.
Gli istituti di sondaggi vicini al Cremlino danno tutti Russia Unita come favorito, ma recentemente anche l’indipendente Levada Center, hanno dato il partito di Putin in testa con il 55 per cento dei consensi. Secondo il più recente sondaggio di Levada, solo tre altri partiti disporrebbero di una solida possibilità di entrare in parlamento: I Comunisti, ancora guidati da Gennady Zyuganov, che ha quasi battuto Boris Eltsin alle elezioni presidenziali del 1996; il Partito Liberal Democratico del populista Vladimir Zhirinovsky; e Russia Giusta, una forza di centro-sinistra istituita artificialmente dal Cremlino per bilanciare la posizione “centro-destrista” di Russia Unita.
Anche in Russia, come in Europa, c’è il rischio di un montare del populismo, sostenuto dal fatto che queste sono le prime elezioni dal 1990 che si svolgono durante una recessione economica. Ma i russi non sembrano stanchi delle facce che governano il Paese ormai da circa 16 anni e non sono nate forze equiparabili ai 5 Stelle in Italia o ad Alternativa per la Germania, forze capaci di incanalare questo dissenso. Molti però potrebbero decidere di non recarsi affatto alle urne e così, più che la crescita dei (veri o presunti) partiti di opposizione, sarà la percentuale di astenuti a dare un’idea dello stato di salute del consenso attorno al leader del Cremlino.