Bruxelles – Il gestore di un negozio che offre gratuitamente al pubblico una rete wi-fi non è responsabile delle violazioni dei diritti d’autore commesse da un utente che usa la sua rete. Al gestore però può essere imposto di proteggere la propria rete mediante una password allo scopo di porre termine a queste violazioni o di prevenirle. Lo stabilisce la Corte di giustizia dell’Ue in una sentenza emessa oggi in una causa che riguarda un cittadino tedesco.
Tobias Mc Fadden gestisce un negozio di materiali d’illuminazione e audio, in cui offre gratuitamente al pubblico una rete wi-fi. Nel 2010, un’opera musicale, di cui la Sony detiene i diritti d’autore, è stata illecitamente messa a disposizione del pubblico per essere scaricata da un cliente che ha utilizzato la sua rete. La questione è finita al Tribunale regionale di Monaco, davanti al quale la Sony ha portato Mc Fadden. I giudici teschi non ritengono che il gestore del negozio abbia direttamente violato i diritti d’autore , ma ha avuto un dubbio circa la possibilità di ritenere Mc Fadden indirettamente responsabile della violazione a causa della mancata protezione della sua rete wi-fi e su questo ha posto una serie di questioni alla Corte di giustizia.
Secondo i magistrati europei mettere una rete wi-fi a disposizione del pubblico gratuitamente al fine di attirare l’attenzione dei potenziali clienti sui prodotti o i servizi di un negozio costituisce un “servizio della società dell’informazione” ai sensi delle norme comunitarie. La Corte conferma, poi, che, alle condizione che: 1) il prestatore non dia origine alla trasmissione, 2) non selezioni il destinatario della trasmissione e 3) non selezioni né modifichi le informazioni trasmesse, non può sorgere alcuna responsabilità di un prestatore il quale, come Mc Fadden, fornisca l’accesso a una rete di comunicazione. Di conseguenza, il titolare di diritti d’autore non può chiedere a tale prestatore un risarcimento per il motivo che tale rete è stata utilizzata da terzi in violazione dei suoi diritti.
Invece, la direttiva non osta a che il titolare di diritti “chieda a un’autorità o a un organo giurisdizionale nazionale di ordinare a un tale prestatore di porre fine a ogni violazione dei diritti d’autore commessa dai suoi clienti o di prevenire violazioni simili”. Dunque per i magistrati europei è legittima un’ingiunzione che imponga di proteggere la connessione a internet mediante una password. Questa ingiunzione sarebbe “idonea a realizzare un equilibrio tra i diritti di proprietà intellettuale, da un lato, e, dall’altro, il diritto alla libertà d’impresa dei fornitori di accesso e il diritto alla libertà d’informazione degli utenti della rete”. La Corte sottolinea, però, che, al fine di garantire la realizzazione dell’ effetto dissuasivo, è necessario che gli utenti siano obbligati a rivelare la loro identità prima di poter ottenere la password richiesta, così da evitare che agiscano anonimamente.
Di contro, sostengono i magistrati, la direttiva esclude in modo esplicito l’adozione di una misura consistente nella sorveglianza delle informazioni trasmesse attraverso una determinata rete. Allo stesso modo, una misura consistente nel chiudere completamente la connessione a internet “senza prevedere l’adozione di misure meno restrittive della libertà d’impresa del fornitore di tale connessione non sarebbe idonea a conciliare i citati diritti che concorrono nella fattispecie”.