Bruxelles – E’ giunto il momento di fare un po’ di ordine. La Commissione europea di Jean-Claude Juncker ha, sin dalle prime settimane di vita, in quello che sembra oramai un tempo lontano ma era solo la fine del 2014, rivoluzionato l’approccio e il metodo di lavoro dell’esecutivo comunitario. Il presidente ha creato una sorta di “gabinetto politico-esecutivo” con un gruppo di sette vice presidenti non più formali ma sostanziali, molti dei quali sono ex capi di governo o comunque ex ministri importanti, responsabili di pacchetti di politiche, per aver un migliore coordinamento e meno sprechi di energie. Ha poi ridotto drasticamente (di un centinaio) il numero dei progetti legislativi ai quali lavorare, per concentrarsi sulle priorità e “su quello che si può far meglio a livello comunitario, lasciando agli Stati ciò che si fa meglio a livello locale”.
Juncker ha poi lanciato, appena nata la sua Commissione, il Piano per gli investimenti che ha preso il suo nome e sul quale ha puntato buona parte delle sue carte per la ripresa. Ha poi lanciato le famose “Dieci priorità”, sulle politiche e gli obiettivi essenziali dell’Unione. Nel suo discorso sullo Stato dell’Unione di ieri davanti al Parlamento europeo a Strasburgo il presidente della Commissione ha però aggiornato il programma di lavoro, dandosi scadenze a breve per un programma di dodici mesi.
Abbiamo dunque deciso che è il caso di cercare di fare un po’ di ordine e di capire cosa è stato messo in piedi e a che punto questi progetti sono arrivati.
Cominciando da un servizio sul discorso in Parlamento nei prossimi giorni pubblicheremo una serie di articoli che analizzano le singole proposte e lo stato dell’arte, dove sono arrivate, se sono su una buona strada o se rischiano di arenarsi, che risultati hanno portato quelle che hanno funzionato.
I lettori troveranno dunque nella nostra Home Page un box che sarà arricchito in continuazione, attraverso il quale orientarsi su quel che sta succedendo.
Buona lettura.