Bruxelles – Il piano Juncker sta funzionando all’interno dell’Europa e può funzionare anche all’esterno, in Africa, là dove è più importante attirare investimenti per aiutare lo sviluppo e combattere così alla radice le cause dell’immigrazione verso il nostro continente. Ne è convinta la Commissione europea che in occasione del discorso sullo stato dell’Unione di Jean-Claude Juncker ha deciso di presentare non solo l’estensione dell’originario piano di investimenti ma anche uno strumento del tutto nuovo, anche se simile nella logica, per stimolare gli investimenti in Africa. Si partirà da 3,35 miliardi di euro di risorse provenienti dal bilancio Ue e dal Fondo europeo di sviluppo nella speranza di arrivare a mobilitare fino a 44 miliardi di euro di investimenti grazie ad un sistema di garanzie innovative a copertura degli investimenti privati. Questa è la parte dell’esecutivo comunitario che però chiede agli Stati membri di contribuire con uno sforzo economico equivalente per arrivare in tutto a 88 miliardi di euro.
Non solo il piano punterà a mobilitare investimenti, ma anche a migliorare il contesto politico, sostenere le autorità pubbliche, promuovere una buona governance per eliminare la corruzione e le distorsioni del mercato così da creare un ambiente più favorevole ad attrarre investimenti. “Il Medio Oriente e l’Africa sono regioni con un potenziale enorme che non può esprimersi a causa delle guerre, della povertà, della mancanza di infrastrutture, della debolezza della governance”, ha spiegato l’Alto rappresentante per la politica estera Ue, Federica Mogherini. L’Ue, ha ricordato, “è già il primo donatore a livello mondiale” ma “le risorse pubbliche non sono sufficienti per liberare questo enorme potenziale”. Per questo la Commissione ha deciso di “fare tesoro dell’esperienza positiva” del piano Juncker, per compensare il “forte rischio che esiste per gli investitori che investono nei Paesi fragili” così da “attivare il settore privato e creare opportunità vantaggiose per l’economia Ue e per i nostri partner”.
Del piano faranno parte anche operazioni di prestito della Bei, la Banca europea per gli investimenti. Per questo la Commissione ha aumentato ad un totale di 5,3 miliardi di euro la garanzia del bilancio dell’Ue nel quadro del mandato di prestiti esterni della Bei che potrà ora concedere in totale, tra il 2014 e il 2020, prestiti fino a 32,3 miliardi di euro. “Il fondo deve essere credibile, avere una base credibile e la selezione dei progetti deve essere credibile”, ha sottolineato il commissario Ue alla Crescita, Jyrki Katainen, chiarendo che “non ci saranno motivazioni politiche alla base, non si possono sponsorizzare progetti inammissibili dal punto di vista economico e serve una valutazione indipendente dei progetti”.
Lo strumento è solo una parte della nuova strategia con cui l’Ue vuole tentare di aumentare la collaborazione con i Paesi terzi, Africa in testa, per combattere alla radice l’immigrazione incontrollata. L’altro tassello è il lavoro per stringere con i Paesi terzi accordi di collaborazione, i cosiddetti “migration compact”, per cui ha tanto insistito inizialmente l’Italia con la proposta presentata da Matteo Renzi. Su questo fronte “stiamo già lavorando da diversi mesi”, spiega Mogherini ricordando che si è iniziato da “cinque Paesi prioritari”.