Bruxelles – Parlare direttamente ai cittadini, toccando temi concreti, per convincerli che l’Europa c’è, è in buona salute, e può avere la risposta ai loro problemi. È un risultato ambizioso quello che il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, tenterà di portare a casa mercoledì quando davanti alla plenaria del Parlamento europeo a Strasburgo pronuncerà il suo discorso annuale sullo “Stato dell’Unione”. Stato che mai come quest’anno appare precario, a pochi mesi dalla batosta Brexit e con le forze populiste che incalzano da ogni lato, ma che Juncker avrà il compito di descrivere come fase di rilancio, in cui si punta, anche grazie alla sveglia suonata dal referendum britannico, a partire con un nuovo impulso, riguadagnando i consensi perduti. Segnali in questa direzione sono già arrivati in questi giorni con il caso Apple, in cui la Commissione non ha avuto paura di sfidare un colosso globale per tutelare i cittadini, e con la proposta sull’abolizione del roaming su cui, alla luce delle polemiche, Juncker ha voluto fare marcia indietro per portare a casa, a tempo debito, una vittoria piena e senza ombre da potere esibire a riprova di quanto l’Ue può fare per i suoi cittadini.
Qualche elemento in più sulla nuova proposta allo studio della Commissione potrebbe essere reso noto già mercoledì da Juncker che, per il resto, punterà a mostrare i progressi fatti sulle dieci priorità fissate ad inizio mandato dall’esecutivo comunitario e indicherà come si intende affrontare le sfide principali per l’Unione. Di Brexit si dovrebbe parlare solo marginalmente proprio per mostrare che l’interesse principale ora è pensare agli interessi di chi resta. Spazio dunque a crescita e lavoro e a come rilanciarli: secondo le indiscrezioni, proprio durante il discorso sullo stato dell’Unione, Juncker annuncerà l’intenzione della Commissione di prolungare il piano di investimenti, il cosiddetto “piano Juncker”, fino al 2020 per mobilitare in totale, invece dei 315 miliardi preventivati, fino a 500 miliardi di euro. Un ulteriore segnale per mostrare che la Commissione è molto più attenta alla crescita di quanto non lo sia al rigore, messaggio già inviato con le “sanzioni zero” a Spagna e Portogallo per avere sforato il deficit. Alcuni vorrebbero che Juncker si spingesse oltre ed esplicitasse, in occasione dello State of the Union, la nuova apertura della Commissione alla flessibilità. I socialisti di Gianni Pittella chiedono di “incorporare la flessibilità nella legge Ue” e non è escluso che Juncker possa lanciare segnali incoraggianti in questo senso. Su crescita e creazione di posti di lavoro, il presidente della Commissione, potrebbe anche tornare ad insistere sulla necessità di non mollare sul Ttip che, secondo l’esecutivo comunitario rimane, nonostante le perplessità crescenti degli Stati membri, fondamentale per rilanciare l’economia europea.
Grande attenzione dovrebbe essere dedicata anche all’immigrazione, tema su cui Juncker si presenterà davanti ai deputati forte del nuovo piano di investimenti esterno che la Commissione presenterà domani mattina a Strasburgo. Si tratta in sostanza di una sorta di piano Juncker per l’Africa, che punta a mobilitare, con il solito effetto leva, oltre 30 miliardi di euro patendo da 3,1 miliardi di risorse fresche. L’obiettivo è combattere alla radice le cause dell’immigrazione irregolare. Una risposta, per qualcuno ancora solo parziale, all’impulso lanciato dall’Italia con l’idea del migration compact di Matteo Renzi. Il nuovo piano è comunque solo un tassello della strategia globale per la gestione dell’immigrazione che la Commissione sta tentando di mettere in campo e di cui fanno parte anche la messa in sicurezza dei confini grazie alla nuova Guardia costiera europea, che dovrebbe essere attiva entro la primavera, all’accordo con la Turchia di cui Juncker potrà vantare il successo visto il crollo degli sbarchi in Grecia e alla solidarietà tra gli Stati membri, che invece ancora latita visti i numeri disastrosi dei ricollocamenti, su cui il presidente della Commissione dovrebbe tornare a richiamare le capitali.
Juncker tenterà di dare risposta anche ad un’altra pressante richiesta dei cittadini europei, quella di maggiore sicurezza, sia in materia di antiterrorismo che di difesa. Su questo versante, il presidente della Commissione dovrebbe insistere sulla nascita di una vera Difesa europea, obiettivo centrale della “Global strategy” presentata a giugno da Mogherini e che potrebbe ricevere impulso proprio dalla mancanza del freno britannico. Il progetto prevede in concreto di iniziare a utilizzare davvero i cosiddetti “battle groups” le squadre di intervento rapido dell’Ue che già esistono ma a cui poco si ricorre, di sfruttare maggiormente l’articolo 44 del Trattato che prevede la possibilità di delegare ad un gruppo ristretto di Paesi il compito di condurre azioni militari per conto di tutta l’Ue, di dare vita ad un quartier generale comune che, da Bruxelles, gestisca tutte le operazioni militari Ue e anche di mettere insieme le risorse per prevedere investimenti comuni nel settore della Difesa. Juncker potrebbe dare, nel corso dello State of the Union, il segnale di partenza di questo piano che potrebbe poi essere discusso già in termini più concreti al summit a 27 di Bratislava in programma venerdì e poi nel corso della ministeriale Difesa in calendario 26 e 27 settembre sempre nella capitale slovacca. L’idea è di provare ad arrivare ai primi risultati concreto già nei primi mesi del 2017. L’idea ad alcuni Stati pare piacere, a partire da Francia e Germania che hanno presentato un piano comune a Bruxelles proprio per chiedere un accelerazione in questa direzione.