Bruxelles – Pnr, niente da fare. L’accordo tra Unione europea e Canada sul trasferimento delle informazioni sui passeggeri aerei – il Pnr, appunto – “non può essere concluso nella sua forma attuale”, in quanto “diverse disposizioni del progetto di accordo sono contrarie ai diritti fondamentali dell’Unione”. Da Lussemburgo arriva la bocciatura alle politiche di Commissione e Stati membri, e non è un pronunciamento qualunque. L’invito a modificare le norme Ue-Canada in tema di Pnr non riguardano solo l’accordo in sé, ma di fatto sanciscono gli errori di impostazione nella politica di sicurezza comune. Il Pnr è uno dei primi strumenti che i leader dell’Ue hanno chiesto a gran voce dopo gli attentati di Parigi del 13 novembre 2015, e rilanciato dagli attacchi terroristici di Bruxelles del 22 marzo scorso. Il punto è che gli accordi per un Pnr tra Ue e Canada sono gli unici ad essere stati firmati, e rappresentano pertanto la base per nuovi Pnr. Un problema, visto che su ispirazione del Pnr Unione europea-Canada il 21 aprile scorso il Consiglio Ue ha adottato la proposta di direttiva per un registro dei dati personali dei viaggiatori aerei dentro e fuori l’Ue.
L’avvocato generale della Corte di giustizia europea, Paolo Mengozzi, si è pronunciato sull’accordo che l’Ue ha iniziato a negoziare con il governo di Ottawa nel 2010 e che ha visto la conclusione nel 2014. L’accordo Pnr permette il trasferimento dei dati alle autorità canadesi al fine del loro uso, della loro conservazione e allo scopo di lottare contro il terrorismo e le forme gravi di criminalità transnazionale. Peccato che contenga disposizioni “contrarie ai diritti fondamentali” dell’Ue. Mengozzi contesta in particolare che si consente “al di là di quanto è strettamente necessario”, di estendere le possibilità di trattamento di dati Pnr, “indipendentemente dalla finalità di pubblica sicurezza perseguita dall’accordo”. L’avvocato generale ritiene poi “in contrasto” con le norme Ue le disposizioni per il trattamento, l’uso e la conservazione da parte del Canada di dati Pnr contenenti dati delicati. Ancora, l’accordo concede al Canada, “al di là di quanto è strettamente necessario”, il diritto di comunicare qualsiasi informazione, senza che sia richiesto un qualsivoglia collegamento con la finalità di pubblica sicurezza perseguita dall’accordo. In sintesi l’avvocato generale chiede “un contemperamento equilibrato tra l’esigenza legittima di tutelare la pubblica sicurezza e quella, non meno fondamentale, per cui chiunque possa godere di un livello elevato di protezione della propria vita privata e dei propri dati”. Proprio quello che chiedeva il garante europeo per la privacy, dopo il varo del Pnr europeo di aprile.
La Commissione europea non ha voluto commentare la sentenza dell’avvocato generale. Dal Parlamento europeo, invece, sono piovute immediate le critiche di Verdi e Alde. Dura in particolare Eva Joly, portavoce dei Greens per le questioni di Affari interni. “Ad aprile il Parlamento europeo ha votato un Pnr europeo che prevede la conservazione dei dati per cinque anni. Se i giudici seguono il parere dell’avvocato generale, la direttiva sul Pnr europeo verrà invalidata”. Per questo “è urgente la Commissione cambi direzione e si concentri su indagini mirate, invece di incoraggiare la raccolta di massa e indiscriminata” di dati.