Bruxelles – Sempre disponibili nel tempo e sempre a disposizione di chiunque sia interessato. I dati personali contenuti nei registri delle imprese, in Italia è una competenza delle Camere di Commercio, non possono essere secretati o “anonimizzati” neanche decine di anni dopo la fine della storia di un’impresa. Questo per tutelare l’interesse pubblico. E’ quanto ha espresso l’Avvocato generale della Corte di Giustizia dell’Unione europea, Yves Bot, in un parere espresso in un procedimento attivato dalla Corte di cassazione italiana. Di norma la Corte nella sua sentenza segue poi il giudizio dell’Avvocato, pur non essendovi vincolata.
La storia nasce dal signor Salvatore Manni, attuale amministratore unico di una società di costruzioni, che è stato, in passato, amministratore unico e liquidatore di una S.r.l. immobiliare fallita nel lontano 1992 e successivamente cancellata dal registro delle imprese. A seguito di una causa civile instaurata dal signor Manni, il Tribunale di Lecce ha condannato la locale Camera di commercio ad anonimizzare i dati personali che legavano il signor Manni a quel fallimento e a pagargli un risarcimento per il danno alla reputazione derivatogli dalla pubblicità della sua ormai conclusa vicenda fallimentare.
La questione è arrivata alla Cassazione che si è rivolta alla Corte Ue sollevando due questioni pregiudiziali:
1) Se il principio di conservazione dei dati personali in modo da consentire l’identificazione delle persone interessate per un arco di tempo non superiore a quello necessario al conseguimento delle finalità per le quali sono rilevati o sono successivamente trattati, previsto dalla direttiva 95/46 sulla protezione dei dati delle persone fisiche osti al sistema di pubblicità attuato con il registro delle imprese, laddove esso esige che chiunque, senza limiti di tempo, possa conoscere i dati relativi alle persone fisiche ivi risultanti.
2) Se, la direttiva 68/151 sulla pubblicità degli atti delle società consenta che, in deroga alla durata temporale illimitata e ai destinatari indeterminati dei dati pubblicati sul registro delle imprese, i dati stessi non siano più soggetti a “pubblicità”, ma siano invece disponibili solo per un tempo limitato o nei confronti di destinatari determinati, in base ad una valutazione casistica affidata al gestore del dato.
Oggi Bot ha concluso nel senso che il diritto dell’Unione non consente mai la cancellazione, l’anonimizzazione o l’inaccessibilità dei dati, contenuti nei registri delle imprese, relativi a persone fisiche coinvolte a vario titolo in una società di capitali (cioè, per quanto riguarda l’Italia, in una società per azioni, in accomandita per azioni o a responsabilità limitata: è invero fondamentale sottolineare che la direttiva 68/151 ha riguardo solo a tali tipi di società). Per questi dati personali, prevale l’interesse pubblico alla pubblicità e non può farsi valere il diritto all’oblio. I registri pubblici, qual è il registro delle imprese, infatti, “possono raggiungere il loro obiettivo essenziale, e cioè il rafforzamento della sicurezza giuridica attraverso la messa a disposizione trasparente di informazioni giuridicamente affidabili, solo se il loro accesso è consentito a tutti, a tempo indeterminato”.
L’Avvocato generale rileva che i registri delle imprese hanno lo scopo di offrire una fonte d’informazione affidabile, capace di garantire, in via permanente, la sicurezza giuridica e la trasparenza che sono necessarie alla protezione dei terzi, da intendersi in senso lato, come tutti coloro che vogliano ottenere informazioni su una società, e tra questi, evidentemente, i creditori. In ultima analisi, sostiene Bot, “i registri delle imprese costituiscono uno strumento volto al corretto funzionamento del mercato. I registri in questione rispondono, quindi, a esigenze imperative di interesse generale”. La loro funzione essenziale è quella di delineare un quadro completo non solo dello stato attuale, sostiene l’Avvocato, “ma anche della storia di una società, onde permettere a chiunque di ottenere le relative informazioni senza limiti di tempo. Per questo, i registri delle imprese includono non solo i dati attuali ma anche i dati storici”. Si tratta, insomma, di una sorta di “stato civile delle persone giuridiche”. Le informazioni sulle persone fisiche che si celano dietro uno schermo societario fanno parte integrante sia della situazione attuale sia della storia di una società. D’altronde, chiunque voglia essere parte del mercato attraverso una struttura societaria, beneficiando della personalità giuridica di quest’ultima (con il conseguente “alleggerimento” della responsabilità diretta della persona fisica), “deve accettare, come contropartita, di rendere pubblici certi dati personali: e se ciò può risultare sgradevole in ragione delle difficoltà attraversate dalla società, questo costituisce pur sempre un aspetto normale della partecipazione alla vita economica: secondo un brocardo latino, “cuius commoda, eius et incommoda”: chi trae vantaggio da una situazione, deve sopportarne anche gli svantaggi”.
La pubblicità dei dati, compresi quelli personali, contenuti nei registri delle imprese, non può essere limitata al tempo in cui una società è attiva sul mercato secondo l’Avvocato Bot. Vi sono “situazioni e rapporti giuridici che non si esauriscono con il venir meno della società né con la sua radiazione dal registro delle imprese: si pensi, a titolo esemplificativo, alle azioni di nullità, che non si prescrivono mai, oppure alle azioni di responsabilità degli organi societari, che hanno termini di prescrizione molto lunghi, suscettibili peraltro di essere interrotti dalle azioni giudiziarie”. Dunque secondo l’Avvocato ci può, comunque, essere “un interesse attuale a conoscere dati che non sono più attuali: ad esempio, un cittadino deve essere posto in condizione di farsi, in qualsiasi momento, un’idea sul livello di affidabilità di una società, anche attraverso la storia dei suoi gestori, al fine di poter vagliare i rischi di una relazione commerciale da intraprendere”. L’Avvocato generale aggiunge che il fatto che una società sia stata sottoposta a procedura concorsuale non implica, di per sé, una lesione della reputazione o dell’onore del suo amministratore: ed invero il fallimento di una società può essere causato da circostanze esterne (ad esempio, una crisi economica) non direttamente correlate a una cattiva gestione della società.
L’Avvocato generale sottolinea dunque che l’accesso ai dati del registro delle imprese deve essere garantito indistintamente a chiunque. Se, infatti, le amministrazioni (le Camere di commercio) dovessero limitarlo soltanto a certi soggetti, in quanto portatori di interessi qualificati, “si determinerebbero concreti rischi di disparità di trattamento connessi alla valutazione di quali interessi siano meritevoli di tutela e quali non lo siano”. Secondo Bot, le amministrazioni stesse, poi, “si troverebbero ad affrontare uno smisurato carico di lavoro e di costi che ne inficerebbe la capacità di funzionare. Soprattutto, verrebbe minata la fiducia della collettività nel registro delle imprese, perché nessuno potrebbe mai avere la certezza di riuscire a superare, attraverso un’adeguata prova della rilevanza del proprio interesse specifico, il ‘filtro’ valutativo per l’accesso ai dati”.