Bruxelles – Il popolo africano “chiede istituzioni democratiche, esige confronti liberi e invoca l’alternanza al potere”. Cécile Kyenge se ne dice sicura introducendo il dibattito da lei organizzato al Parlamento europeo sulla situazione di diritti umani, democrazia e alternanza politica nell’Africa Subsahariana. L’eurodeputata S&D parlando delle missioni di osservazione elettorale che ha guidato in Burkina Faso e Zambia, e di quelle in Nigeria, Haiti e Gabon a cui pure ha partecipato, ha affermato che “lo slancio straordinario che ha accompagnato le elezioni in questi Paesi è un segno di grande speranza per i popoli africani, che chiedono che i loro diritti siano rispettati e un rimproverano coloro che li vogliono violare”. “La maggioranza dei governi – ha però aggiunto – permette l’esistenza delle opposizioni solo in maniera formale, mentre per promuovere il buon governo bisogna promuovere i principi di responsabilità, trasparenza, partecipazione, e di alternanza politica”.
E la difficoltà di arrivare a una vera partecipazione democratica in questi Paesi è stata confermata dagli interventi al dibattito. “Noi vogliamo contribuire al cambiamento nel nostro Paese ma in Africa non è facile fare opposizione perché da noi più che opposizione si deve fare la resistenza”, ha dichiarato Daher Ahmed Farah, presidente del Mrd, uno dei principali partiti dell’opposizione in Gibuti. Fare opposizione, ha continuato “presuppone un minimo di regole democratiche e di rispetto per l’avversario mentre i partiti al potere in Africa scrivono le regole e fanno quello che vogliono pensando solo ai propri interessi”.
“Sapete come si riconosce un membro dell’opposizione in Congo?”, ha chiesto Moïse Katumbi, leader dell’opposizione in Rdc che vive all’estero per sfuggire a una condanna nel suo Paese che afferma essere solo una forma di repressione politica, “lo si riconosce perché lo trovi o in prigione, nel cimitero o in esilio” ha affermato tra gli applausi dei partecipanti al dibattito. La sala era piena di congolesi che vivono in Belgio da anni, quasi tutti oppositori del presidente Joseph Kabila, figlio del vecchio presidente Laurent-Désiré Kabila ucciso nel 2001. Per Katumbi il Paese “ha bisogno della prima alternanza politica pacifica” della sua storia, e per ottenerla “Kabila deve lasciare il potere”, al termine del suo secondo mandato, “uscire dalla porta principale” come in ogni democrazia, e “permettere il ritorno allo Stato di diritto”. Finché c’è lui al potere però, ha denunciato Katumbi, “un dialogo non ci sarà mai, ma soltanto un monologo, perché con lui il dibattito politico non è inclusivo e l’unico scopo di Kabila è ottenere un terzo mandato”. Il politico e imprenditore congolese ha assicurato che nonostante il rischio di arresto tornerà presto nel Paese per correre alle presidenziali di dicembre.
“L’Africa è una priorità politica per i Socialisti e democratici”, ha assicurato nel suo intervento il presidente del gruppo politico al Parlamento Ue, Gianni Pittella (Pd) secondo cui “i diritti umani devono restare al centro della politica estera europea”, perché la sicurezza e la lotta al terrorismo sono legati al controllo delle frontiere, “ma sono soprattutto in relazione con violazioni dei diritti”.