Bruxelles – Internet potrebbe presto soppiantare la televisione con il traffico video in rete che è in crescita esponenziale. Nel 2014, questa offerta ha rappresentato addirittura il 64% del consumo totale su Internet, una percentuale destinata a salire fino all’80% entro il 2019. Lo rivela uno studio dal titolo “AVMSD Refit or Reform? Audio Visual Media Services in the Digital Era” presentato all’Europarlamento dall’Istituto per la Competitività, I-Com. Lo studio del think tank italiano da poco sbarcato anche a Bruxelles rileva che la televisione al momento è ancora la colonna portante del settore audiovisivo con 66,5 miliardi di euro, il 63% dei ricavi complessivi nel 2014. La Pay-Tv è in crescita del 17%, tra il 2010 e il 2014 e gli introiti pubblicitari hanno avuto una leggera ripresa dopo il calo del 2008. Secondo il report è però l’aumento dell’11,8% della spesa della pubblicità online che ha permesso una ripresa del mercato, seppur modesta (+1,4% nel 2014), a conferma della crescente importanza del consumo online.
“I servizi on-demand hanno aumentato le opzioni disponibili per il pubblico europeo e ormai competono direttamente con i contenuti tradizionali”, spiega a Eunews Stefano da Empoli, presidente di I-Com, secondo cui per averne la certezza “basta guardare i ricavi pubblicitari, che diminuiscono per la tv e aumentano per l’audiovisivo e internet”. Quando si parla di servizi on demand, ricorda da Empoli, “occorre distinguere la parte dei servizi on demaand, come Netflix, dalla parte di piattaforme di videosharing come Youtube”. In questo contesto, fa notare il presidente di I-Com, occorre “un quadro normativo in grado di adattarsi a una realtà in veloce mutamento”. Un esigenza a cui non pare rispondere pienamente la proposta di riforma della Commissione Ue della direttiva del 2010 sui servizi di media audiovisivi. “La proposta tiene conto delle novità e cerca di aggiornare la regolamentazione a un mondo che è cambiato”, sottolinea da Empoli e lo fa “per i servizi via internet on demand uniformandoli alla tv tradizionale, ma sulle piattaforme di video sharing ci va molto piano e questo è l’elemento di contesa più forte”. Secondo I-Com infatti “una regolazione che viene a livello europeo avrà i suoi effetti da qui ai prossimi 10 anni quindi è chiaro che occorre non solo fotografare l’esistente ma anche prevedere il futuro”, cosa che l’esecutivo Ue sembra non fare a pieno. “Non c’è totalmente il coraggio di guardare al futuro”, obietta da Empoli, secondo cui si devono immaginare “strumenti che diano flessibilità per adeguare il mercato alla prevedibile evoluzione”.
Il tentativo di riforma della Commissione si pone diversi obiettivi, in particolare quello di assicurare parità di condizioni e un elevato grado di tutela del consumatore, incoraggiando la concorrenza all’interno del comparto audiovisivo dell’Ue per rafforzare il mercato unico. Il think tank europeo evidenzia come uno dei punti chiave della proposta di nuova direttiva sia la disciplina della categoria delle “piattaforme di video-sharing”, alle quali vengono imposti obblighi solo con riferimento alla tutela dei consumatori, incoraggiando accordi di co-regolamentazione volti a prevenire l’incitamento all’odio e la protezione dei minori da contenuti non idonei a tale pubblico, mantenendo l’esenzione di responsabilità editoriale prevista dalla Direttiva sul commercio elettronico. “È positivo che la Commissione Ue, in un contesto di evoluzione accelerata dei modelli di business e di forte convergenza, abbia introdotto elementi di flessibilità e semplificazione”, ha precisato Bruno Zambardino, direttore dell’Osservatorio Media I-Com. “Sono apprezzabili, in particolare, le misure che rimuovono i confini tra servizi lineari e on demand e le disposizioni a carico delle piattaforme on line, come Youtube, a tutela dei minori”.
“La proposta lascia ancora aperte alcune questioni che, se affrontate in modo costruttivo nel percorso di negoziazione tra Consiglio, Parlamento e Commissione Ue, potrebbero condurre a un testo maggiormente condiviso tra i vari stakeholders. Senza dimenticare che l’obiettivo finale resta quello di rafforzare il mercato interno favorendo una maggiore circolazione di contenuti europei di qualità e regole più eque per tutti gli attori in campo”, ha concluso Zambardino.